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di Gerardo Pecci

Non esiste, non è mai esistita, un’arte “italiana” legata a un marchio di fabbrica Made in Italy. Esistono gli artisti, esistono le loro opere, i loro lavori, esistono i luoghi del mondo. Le opere d’arte appartengono alla storia, sono dell’Umanità intera, sono al si sopra e al di fuori di stupide etichette senza senso e senza dignità. Le opere d’arte non hanno identità politiche e ideologiche: sono parte integrante di un patrimonio culturale generale e sovrannazionale, senza etichette e marchi di “qualità”.

L’arte prodotta in Italia non può dirsi, solo e a senso unico, “italiana” come pure l’arte prodotta in qualsiasi altra parte del mondo, è arte e basta, senza etichette territoriali. Tutta l’arte è patrimonio mondiale di tutti, di tutta l’Umanità. Le etichette imbavaglianti che i politici (politicanti) vogliono tentare di mettere all’arte prodotta in Italia non reggono alla prova della storia e della cultura. L’arte è il regno del possibile e forse anche dell’impossibile, è il regno dei confini sconfinati, degli sconfinamenti e delle contaminazioni creative, della vera democrazia, ed è per eccellenza contro qualsiasi demagogia e qualsiasi etichetta come retorico espediente di marchio di provenienza. Ecco la ragione perché bisogna correttamente parlare e scrivere di arte in Italia e non di arte “italiana”.

Il nostro patrimonio culturale, quello cioè presente in Italia, ma anche quello mondiale, ovviamente, è un fenomenale palinsesto fatto di contaminazioni. Nei libri di storia dell’arte ogni pagina racconta storie lontane, intrecci, scambi” , come ci ricorda Tomaso Montanari. Le opere d’arte conservate nei musei provengono da civiltà e culture diverse. Sono la testimonianza concreta, tangibile e verificabile, di un patrimonio che è, che è sempre stato, multiculturale. Per questo ogni tentativo di sottoporre i beni culturali, in quanto testimonianze di civiltà, a impossibili carte di identità basate su principi di razze ed etnie è completamente falso e fuorviante perché la stessa nozione di “nazione” è basata sulla diversità e sul confronto e unione di culture e civiltà diverse, eterogenee, mai legate ad astratte e imbecilli idee di identità. Infatti, se pensiamo a Domenico Theotocopulos, detto El Greco, pittore nato nell’isola Creta ai tempi della dominazione veneziana, poi trasferitosi a Venezia nel 1567 e arrivato a Roma nel 1570, possiamo parlare di identità artistica italiana di questo artista? Certamente no. E’ stato invece un artista un po’ greco, un po’ veneziano e un po’ romano, un uomo al di fuori dei confini strettamente politico-geografici, un esponente di una Koiné culturale internazionale. Allo stesso modo pensiamo allo scultore fiammingo/francese Jean de Boulogne, il Giambologna, che giunse dalle terre natie a Firenze e nella città toscana visse fino alla morte: fu fiammingo, francese, italiano o fiorentino? Fu artista e basta, senza passaporti se non quello di aver lavorato e prodotto capolavori che oggi tutti noi ammiriamo, come lo splendido gruppo in marmo con il Rapimento di una Sabina, del 1573, nella Loggia dei Lanzi nella celeberrima fiorentina Piazza delle Signoria. Entrambi gli esempi, ma se ne potrebbero fare tantissimi altri, dimostrano che El Greco e Giambologna furono artisti che di diritto appartengono a tutta l’Umanità, senza frontiere, senza etichette di presunte cittadinanze politiche.

L’arte non ha etichette né confini geografici e/o politici, è bene ribadirlo ancora una volta, al contrario di quanto vuol far resuscitare la destra razzista e xenofoba che oggi, in Italia, si aggrappa a impossibili e improbabili fantasmi e a etichette di un tempo repellente che ancora oggi non possiamo storicamente giustificare e che suscita imbarazzo al solo pensiero.

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