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Cosa pensi quando nomini il Galles? Prima di tutto il rugby – sport molto seguito da quelle parti anche per ovvie ragioni storiche -, strade strette, infossate, protette da siepi molto alte che spesso influiscono sulla visibilità. Spiagge immense – non paragonabili ovviamente a quelle di Rio o alle nostre – che al calar del giorno vengono divorate dalla marea, zone montuose ideali per fare trekking, le tante costruzioni in pietra, e il fosforescente effetto delle numerose case colorate vicine tra di loro. Insomma, sono tutti aspetti individuabili per chi ha avuto modo di visitare questa bellissima Nazione.

Il Galles non è mai stato terreno fertile per il calcio, se non per i meravigliosi anni d’oro che ancora oggi sono e resteranno per sempre nella testa di tutti i gallesi. Parliamo del 1958, anno nel quale la Nazionale disputò per la prima volta nella sua storia i campionati mondiali. Il cammino per la qualificazione, però, fu complesso e condizionato: i gallesi avevano concluso il loro girone di qualificazione al secondo posto, dietro alla temibile e favorita Cecoslovacchia senza ottenere il pass per la fase finale. In Medio Oriente c’erano delle situazioni politiche importanti che condizionarono tutto l’andamento delle qualificazioni: l’Egitto e il Sudan si rifiutarono di giocare la loro partita di qualificazione contro l’Israele per la famosa “Crisi di Suez”, nonostante la FIFA si fosse impegnata a promettere che tali incontri si sarebbero giocati in campo neutro. La stessa FIFA fu costretta a dare le due partite vinte a tavolino per gli israeliani, ma impedì loro di ottenere il pass per il mondiale senza aver mai giocato nemmeno un incontro di qualificazione, optando per organizzare uno spareggio proprio contro il Galles.

C’era tensione, emozione, voglia di cogliere al volo un’occasione che non capiterà più. Il Galles era pronto a scrivere una pagina di storia destinata a rimanere indelebile. I Dragoni vinsero facile sia all’andata che al ritorno contro Israele, con un punteggio complessivo di 4 a 0. Troppo superiori sulla carta, soprattutto dal punto di vista fisico.

In Svezia, il Galles fu inserito nel Gruppo C con i padroni di casa, l’Ungheria e il Messico. Un girone molto interessante, complicato al suo stesso tempo per via di due big del calcio europeo dell’epoca come gli svedesi e gli ungheresi. Il Messico rappresentava la famosa “squadra cuscinetto” alla quale tutti volevano attingere per portare a casa bottino pieno e mettere un mattoncino verso la fase successiva del torneo. I gallesi figurarono molto bene, dando l’impressione di essere squadra fisica e ben organizzata. Tre pareggi e 3 punti complessivi, a pari merito con l’Ungheria che in quell’edizione deluse le aspettative. All’epoca chi arrivava a pari punti in una situazione del genere doveva disputare una gara secca valevole per lo spareggio, e furono proprio il Galles e l’Ungheria a giocarsi l’ultimo ticket per la fase finale.

Si giocava nella fredda Solna, un comune di oltre 67mila abitanti situato nella contea di Stoccolma, casa della squadra di calcio dell’AIK, una delle più longeve e titolate del calcio svedese. Ungheresi subito avanti grazie a Tichy, storico centravanti dell’Honvéd con quasi 250 goal in carriera, poi, nella ripresa, il Galles rialza la testa trovando prima il goal del pareggio con Allchurch, e poi il timbro del definitivo sorpasso con Terry Medwin, ala destra che nei suoi otto anni di Tottenham si è fatto spesso e volentieri apprezzare. Palla tra le mani dell’arbitro, fischio finale, è finita. I gallesi battono l’Ungheria 2-1 e volano per la prima volta nella loro storia ai Quarti di Finale di un Mondiale.

Comunque vada, è storia. Kelsey, Williams, Hopkins, Sullivan, Charles, Bowen, Medwin, Hewitt, J. Charles, Allchurch, C. Jones,  K. Jones, Vearncombe, Edwards, C. Baker, Crowe, Leek, Vernon, Webster, Elsworthy, L. Allchurch, T. Baker. E’ questa la squadra capace di far innamorare la generazione dell’epoca, una generazione che non era abituata a simili soddisfazioni in ambito calcistico.

Alla guida di tutto questo c’era Jimmy Murphy, l’eroe silenzioso diventato divinità. Il tecnico gallese prediligeva un comportamento cauto e silenzioso, ma assolutamente efficace. Forse è per questo motivo che in giro si trovano pochissime sue dichiarazioni. Bandiera del West Bromwich Albion dal 1928 al 1938, Murphy diventò icona anche del Manchester United tutto grazie ad una lezione ai soldati negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Fu un discorso sincero, limpido, chiaro, che impressionò anche l’allenatore scozzese Matt Busby che voleva ingaggiarlo nel suo nuovo Manchester United. Nel ruolo di collaboratore, Murphy scoprì nuovi talenti, tra cui anche il leggendario Bobby Charlton. Un visionario innovativo per i parametri dell’epoca, un tecnico alla “Sir Alex Ferguson” in tempi molto anticipati.

Ritornando al Mondiale, per il Galles era giunto il momento di confrontarsi con il Brasile. Già, quella Seleçao formidabile che vantava talenti pazzeschi e un diamante grezzo destinato a diventare leggenda di nome Pelè. Ci spostiamo nella bellissima Göteborg, precisamente al Nya Ullevi Stadion. I pronostici si sbizzarrivano ad indovinare i risultati finali, tutti a base tennistica visto il divario tecnico tra le due squadre. All’epoca, così come oggi e per sempre, il calcio è una scienza indecifrabile che può toglierti tutto e darti di tutto nel momento che non ti aspetti. Uno 0-0 serrato a fine primo tempo fece già notizia. Il Galles stava bene in campo, organizzato, compatto, e soprattutto cattivo dal punto di vista calcistico. Nella ripresa, le cose non sembrano voler cambiare, almeno fino al 66′ quando il 17enne Pelè si inventa un gol da fantascienza per sbloccare la gara. Il numero 10 verdeoro stoppa di petto una palla in area di rigore con il difensore Williams incollato, poi lo salta con un palleggio e calcia d’esterno destro portando i suoi compagni in vantaggio. Non c’è niente da fare di fronte a un gesto tecnico del genere. Alzarsi ed applaudire, soprattutto se si tratta di un giovane pronto a diventare un campione. La partita termina sull’1-0, e il Galles è costretto a fare le valige e a ritornare a casa.

Cosa resta di quell’indelebile ricordo? Tanto, forse tutto. Giocare un Mondiale, passare il girone, e giocare un quarto di finale contro il Brasile è cosa da poche squadre, soprattutto se parliamo di Nazionali di medio-basso livello dal punto di vista tecnico. Il memorabile cammino quel Galles al mondiale del 1958 fu di ispirazione per il libro “When Pele Broke Our Hearts: Wales and the 1958 World Cup” scritto da Mario Risoli ed edito da St David’s Press, opera dalla quale fu anche tratto un documentario che ricevette una nomination ai Bafta Cymru Awards. La storia, soprattutto una storia del genere, merita questo ed altro.


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