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Rubrica particolare ma ricca, intrisa di spunti interessanti quella che ci appresteremo a trattare in questa sede. Dedicheremo un ampio spazio alle giovani promesse, ai talenti più limpidi e cristallini del nostro campionato. L’analisi certosina e dettagliata riguarderà in particolare, i calciatori nati a cavallo di due anni, il 1999 e il 2000.

Perché proprio queste due annate?

Innanzitutto perché è labile, sottile il filo che separa due secoli a conti fatti, gettando uno sguardo al domani, al futuro e il futuro apre uno squarcio importante sui Millenials, su una generazione che sta acquistando maggiore spazio e continuità, impressionando gli addetti ai lavori. Diverse sono le squadre nel massimo campionato italiano che hanno deciso di puntare sulla vigoria, sulla freschezza e sulle energie che sono capaci di sprigionare, sul rettangolo verde, questi ragazzi dall’avvenire radioso.

Cercheremo appunto di segnalare i talenti del domani, quei calciatori che hanno un solo desiderio: imporsi nel grande calcio e ripercorrere le orme dei loro idoli, dei più grandi della storia più o meno recente di questo meraviglioso sport, il calcio.

Il mondo del pallone è cambiato senza alcun dubbio, anzi pare mutare anno dopo anno, stagione dopo stagione, campionato dopo campionato. Il livello tecnico-tattico si è indiscutibilmente alzato, chiedere a Roberto Mancini per informazioni a riguardo. Ne beneficiano di riflesso anche le Nazionali, pronte ad accogliere, allevare e strutturare giovani agnellini, ma in molti casi, tremendamente promettenti e dalle doti fuori dal comune.

Inutile girarci attorno…

Gioventù e patrimonio, sono due termini che vanno a braccetto, di pari passo.

Perché questo accostamento?

Perché qualsiasi ragazzo, volente o nolente risulta essere una fortuna per il club di appartenenza, sia in termini di promozione in prima squadra, sia nel caso di giovani di diversa nazionalità acquisiti dalle più disparate società, che operano sul mercato in giro per il globo.

E allora, venendo all’attualità, ai giorni nostri più o meno recenti, come potremmo dimenticare il celebre caso Zaniolo?

A quel tempo sedeva sulla panchina nerazzurra Luciano Spalletti che, nel giugno del 2018, riabbracciò il suo pupillo, Radja Nainggolan. Il belga fu acquistato dall’Inter come diamante puro, lucente, da incastonare nel 4-2-3-1 dell’allenatore di Certaldo. Lunghissima ed estenuante la trattativa che portò il belga in quel di Appiano, quartier generale nerazzurro e autentico colpo di mercato.

I dettagli dell’operazione?

Trentotto milioni di euro totali, il costo complessivo, di cui 24 versati direttamente nelle casse giallorosse. I 14 restanti, furono suddivisi e spalmati su due calciatori, uno fu Davide Santon, volto noto ai più (il cui valore di mercato si attestava attorno ai 9-9.5 mln) e l’altro Nicolò Zaniolo da Massa, il cui cartellino venne valutato 4,5 milioni di euro ed autentico enfant prodige l’anno precedente nella primavera nerazzurra.

Pacchetto completo con tanto di fiocco e… direzione Roma, direzione Capitale, sponda giallorossa.

La certezza? Colpo Inter, ridimensionamento Roma.

L’epilogo del racconto è invece sotto gli occhi di tutti. Al netto dei due gravi infortuni che stanno rallentando la crescita del classe ’99, la situazione al momento è chiara, inequivocabile. Nicolò è il presente della Roma, Nicolò è il futuro del club capitolino e del calcio italiano. Lo aspetta a braccia aperte Roberto Mancini, desideroso di rilanciarlo nella sua Nazionale in occasione dei prossimi Europei e bramoso di tessere ragnatele intriganti, grazie all’immensa qualità del numero 22 giallorosso.

Al netto però del nostro protagonista, sono tanti i talenti di questa nuova generazione (next generation), che a poco a poco, con la dovuta calma ed attenzione, si stanno imponendo nei rispettivi club. Svariati i calciatori che sono sul taccuino dei top club europei, tante le stelle, pronte a far parte del firmamento, del calcio dei grandi insomma.

Quali?

Tuffiamoci insieme in questa avventura e andiamo a spulciare rosa per rosa, le gemme, le pietre più preziose di ogni singola società.

Come potremmo non partire dal Milan di Paolo Maldini, Frederic Massara e Ivan Gazidis. Dall’avvento del sudafricano in società, che ad oggi ricopre la carica di amministratore delegato e direttore generale del club rossonero, l’intento, il MUST è stato immediatamente uno, indiscutibile, insindacabile, inequivocabile: il club meneghino dopo anni di buio e di tenebre, doveva tornare in paradiso, doveva vedere la luce, lo splendore delle annate migliori.

In che modo?

In una situazione finanziaria non semplice e complessa un po’ per tutti, era univoca la via da imboccare, quella di un progetto fondato sui giovani, su ragazzi dalle grandi doti tecniche, in grado di crescere ed essere valorizzati.

Carta canta… si suole dire.

Fucina di talenti il club rossonero, guidato dalla doppia M (Maldini-Massara), anzi tripla, perché la regia dietro qualsiasi operazione porta in dote il nome di Geoffrey Moncada, capo scout dei lombardi, talento indiscutibile nello scovare giovani dalle grandi qualità e prospettive, tecniche ed umane. Numerose sono le interviste nelle quali ha parlato e rivelato i segreti del Milan, di questo Milan. Eccone alcuni stralci:

 “Un tempo il Milan era già un grande club, quindi magari non avevano bisogno di lavorare tanto sullo scouting. Avevano preso il giocatore più forte del Sud-America, Ricardo Kakà, avevano ingaggiato Andriy Shevchenko, che aveva già giocato in Champions e che era già molto forte. Andavano a prendere i più forti ovunque. Elliot ha chiesto di sviluppare l’area sportiva con lo scouting con dati e statistiche. Quindi abbiamo deciso di creare due cose: l’area scouting e l’area dati. L’uno lavora con l’altro ogni giorno. Quando uno scout vede un calciatore che gli piace, allora andiamo a vedere i suoi numeri un po’ su tutto. Quando l’area dati ci riferisce che abbiamo un giocatore forte con i numeri, chiedo agli scout di andare a vederlo. Mi piace questo mix, questo lavoro tra il live e l’ausilio delle statistiche. Per Elliot è importante avere dei rapporti con statistiche, video, non solo le osservazioni degli scout”.

E in effetti, in tal senso va analizzata, spulciata la rosa rossonera. Quali i talenti messi sotto contratto dalla società?

Cominciamo questo breve excursus dalla porta. Porta è sinonimo di affidabilità, sicurezza. Un solo nome che riecheggia a Milanello, ed è quello di Gigio Donnarumma. Classe 1999 per il nativo di Castellammare di Stabia, 199 le partite disputate con la maglia del cuore, nonostante vicissitudini, peripezie e un rinnovo di contratto che tarda ad arrivare, ma che alla fine ci sarà. I tifosi lo pretendono, lo sognano, bramano di vedere il numero 99 con la fascia da capitano, a difendere i pali della porta nella massima competizione europea, nella coppa dalle grandi orecchie.

Incetta di ’99 nel cuore della difesa, dove spiccano Diogo Dalot, Pierre Kalulu e Matteo Gabbia. Storie totalmente differenti ma simili per certi versi. Dalot prelevato con la formula del prestito dal Manchester United, che nella stagione 2018/2019 su indicazione di Josè Mourinho, lo aveva acquistato dal Porto, sborsando la modica cifra di 22 milioni di euro. Nuova avventura al Milan per l’appunto. Le sue caratteristiche? Piedi educati, tecnica palla al piede. Il ruolo? Terzino destro ma all’occorrenza anche sinistro, una rarità nel calcio odierno. L’obiettivo? Sedersi ad un tavolo in quel di Manchester e cercare un accordo, sì un accordo per un riscatto che, data l’età del calciatore in questione, sarebbe oro colato.

Diverse le dinamiche concernenti Gabbia e Kalulu: il primo prelevato ed aggregato alla prima squadra direttamente dalla Primavera, il secondo approdato nel mondo Milan a parametro zero, la scorsa estate. Giunto a Milanello come terzino, nel club rossonero Pierre, si sta proponendo costantemente da centrale, con la fiducia di Pioli, trovando a Marassi contro il Genoa il goal del 2-2. Classe 2000 come dicevamo pocanzi, lunghe leve, agilità e prestanza fisica. Colpo in prospettiva, e che colpo.

Altri nomi sui quali gettare un occhio? Eccoli serviti.

Sandro Tonali, Alexis Saelemaekers, Brahim Diaz. L’italiano preso dal Brescia la scorsa estate, investimento nel vero senso del termine, 30 milioni circa il prezzo pagato al patròn Massimo Cellino. Vent’anni e futuro radioso dinanzi a sé, per colui che si è sempre reputato un tifoso rossonero, un cuore rossonero, tanto da telefonare al suo idolo, Gennaro Gattuso, chiedendogli se potesse, in questa sua nuova avventura, scegliere la maglia numero 8, indossata per 335 volte proprio da Rino.

Vecchi valori, chiamatele se volete emozioni.

Brillante, fruttuoso anche l’acquisto di Saelemaekers, nello scorso gennaio, direttamente dall’Anderlecht, squadra belga. Prestito con diritto di riscatto, diritto materializzato ed esercitato per una cifra pari a 7 milioni di euro. Il 30 settembre 2020, viene convocato per la prima volta nella prestigiosissima Nazionale maggiore, debuttando l’8 ottobre nella partita amichevole pareggiata per 1-1 contro la Costa D’Avorio a Bruxelles, in cui per giunta fornisce a Michy Batshuayi l’assist per il goal dei suoi. Da tenere d’occhio.

Giovanili del Malaga, poi Manchester City, Real Madrid, Milan. L’invidiabile curriculum di Brahim Abdelkader Diaz, meglio noto semplicemente come Brahim Diaz. Giunto al Milan quest’estate sull’asse MADRID-MILANO. Prestito secco la formula, ma il nativo di Malaga, quando chiamato in causa da mister Pioli, ha sempre risposto presente. Il tentativo di strapparlo definitivamente alla corte dei “Galacticos” da parte di Paolo Maldini ci sarà, ne siamo certi.

Ala sinistra, rapida, già ben strutturata ma che, come è naturale che sia, dovrà avere il tempo necessario per maturare, crescere, esplodere. La base dalla quale partire c’è e si vede, è tangibile ad occhio nudo. Stiamo parlando di Jens Petter Hauge, talentino norvegese classe ’99, grande amico di Erling Haaland, centravanti del Borussia Dortmund. Bodo/Glimt e Milan, questa la trafila per il giovane norvegese, acquistato a titolo definitivo in occasione del preliminare di Europa League a San Siro, quando il numero 15 rossonero, fece letteralmente impazzire la retroguardia rossonera. Colpo di fulmine, 4 milioni di euro il costo complessivo dell’operazione e sbarco immediato in quel di Milano. Dopo un esordio col botto, sembra essere retrocesso nelle gerarchie rossonere, ma un periodo di flessione e di ambientamento è doveroso, è ordinaria amministrazione.

Chiudiamo la parentesi Milan, con la stella più splendente, luminosa, lucente, ancora tremendamente incostante, ma incredibilmente colma di talento. Stiamo parlando del rapper, Rafael Leao. Investimento ingente per il classe ’99, prelevato dal Lille, la scorsa stagione per 30 milioni di euro. Crescita esponenziale grazie alla cura Pioli ed avversari annichiliti sull’out di sinistra. Sei goal e 5 assist per il giovane esterno portoghese in questa annata sportiva. Dannatamente incostante dicevamo ma altresì tecnico e talentuoso, forse neanche Rafael sa che, se solo volesse, sarebbe in grado di diventare uno dei migliori nel suo ruolo.

Restiamo a Milano, sponda nerazzurra, brilla la maglia numero 95, quella di Alessandro Bastoni. Titolarissimo ormai nella difesa a tre canonica, consueta di mister Conte e perno imprescindibile al fianco di due pilastri del calibro di Milan Skriniar e Stefan De Vrij. Crescita vertiginosa per il centrale lombardo e carta d’identità che depone a suo favore e recita: 13 aprile 1999. Presentazioni concluse?

Affatto.

Investitura di un certo peso specifico quella di Roberto Mancini prima, tanto che Bastoni è nel giro della Nazionale maggiore e salvo sorprese, farà parte dell’elenco dei convocati per il prossimo Europeo.

Consacrazione definitiva da parte di Marcello Lippi, uno che di Nazionale e vittorie, se ne intende.

“Bastoni è già nel giro di Mancini e ci resterà. Mi sembra maturato come calciatore, anche se non lo conosco personalmente. Piedi buoni e visione. Può essere il centrale d’impostazione del futuro dopo Bonucci, ma non attribuirei categorie fisse: gioca a tre nell’Inter ma ha tutte le qualità per far bene anche a due, proprio come accade in Nazionale”.

L’ Inter se lo gode, il CT azzurro lo coccola.

“Roma non fu costruita in un giorno”.

Proverbio certamente attuale e applicabile anche e soprattutto nel mondo pallonaro. Nella vita, nello sport, nel lavoro, occorre del tempo. Tempo, meticolosità, minuzia e costanza per ottenere i risultati sperati. E a proposito di Roma, in questa direzione va l’acquisto di Marash Kumbulla.

Data di nascita?

8 febbraio 2000.

Caratteristiche tecniche? Difensore centrale abile nel colpo di testa, in marcatura e forte fisicamente. Strappato in estate alle lusinghe della Lazio che pareva essere ad un centimetro dal giovane italo/albanese. Ma si sa, nel calcio un centimetro potrebbe risultare fatale, e così è stato. Nell’incertezza generale la Lupa ha piazzato la zampata, l’allungo decisivo.

“Di Roma mi hanno convinto il calore e l’amore dei tifosi”.  E come dargli torto?

Zlatan Ibrahimovìc.

I più si chiederanno lecitamente, ma cosa c’entra in quest’analisi il fenomeno svedese?

Tutto e niente, potremmo rispondere.

Proprio così, perché il legame è relativo alla Nazionale del proprio paese, la Svezia.

Attore protagonista?

Dejan Kulusevski.

Il classe 2000, è atterrato sul pianeta Juventus quest’estate, dopo che Paratici, Nedved e soci, ne acquisirono le prestazioni sportive, mesi prima, a gennaio 2020 precisamente. Costo complessivo dell’operazione? Trentacinque milioni di euro, pagabili in cinque esercizi. Denaro fresco partito alla volta di Bergamo.

Destinatario? Il presidente Percassi, numero uno del club orobico. Vagonata di milioni per un calciatore che di fatto non hai mai vestito la maglia dell’Atalanta. Dejan infatti, la scorsa stagione è stato l’autentico trascinatore della squadra di D’Aversa, 10 le reti messe a referto per il nativo di Stoccolma. Tecnica, potenza fisica, classe cristallina, mancino educato, le doti che hanno fatto innamorare la Vecchia Signora.

Il percorso di crescita è lungo e tortuoso, zeppo di ostacoli e trappole soprattutto quando si parla di ragazzi così giovani.

Il rischio?

Quello chiaramente di credere di aver toccato l’apice del successo, quando invece si è appena agli inizi, se si vuole perseguire una carriera di un certo peso specifico.

Kulusevski ha tutto per poter emergere e divenire la pietra miliare della Juventus del presente e del futuro ma è innegabile che il salto in una grande squadra è tutto fuorché facile. Ma dietro le difficoltà c’è spesso una luce.

E per il talentino svedese questa luce porta in dote il nome di Cristiano Ronaldo. Allenarsi, studiare, prepararsi tecnicamente e fisicamente con un cinque volte pallone d’oro è un privilegio non concesso a tutti. Toccherà a Dejan coglierne i particolari, carpirne i segreti, crescere all’ombra del fenomeno portoghese.

E sullo sfondo poi c’è sempre lui, Zlatan Ibrahimovìc.

Lui che stravede per il suo connazionale, tanto da scagliarsi brutalmente contro il CT svedese Janne Andersson ed arrivare al punto di definirlo “un incompetente che soffoca il calcio svedese”, proprio per non aver concesso spazio e minuti al numero 44 bianconero.

Mai banale Zlatan.

Altra investitura per l’ex Parma.

Fonte foto, Getty Images.

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