Alfredo Bevilacqua nome di battaglia Figaro. I partigiani meridionali e il lavoro dell’I.I.S. G. Marconi di Nocera Inf.

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Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, nello stesso mese, nasce lo stato nazionale repubblicano, conosciuto come repubblica di Salò. Si tratto di una resa dello Stato, in senso letterale, da parte di Mussolini, in mano agli alleati forti: i Tedeschi.  Al Sud intanto sbarcano gli alleati americani per spazzare via i nazifascisti. L’Italia è divisa in due. È la crisi, politica e delle coscienze. È il momento di scegliere da che parte stare.  Molti giovani scelsero di salire sulle montagne per organizzare la Resistenza al nemico nazifascista. In Val Susa operavano alcune imponenti Brigate Partigiane. La 113° e la 114° presso Condove e la 41° sulla Sacra di S. Michele. Ma la più temibile era la 114° perché formata da molti ex militari e i tedeschi fecero molta fatica a sterminarla con l’uso di rastrellamenti continui, rappresaglie, fucilazioni di civili e bombardamenti. Condove in particolare era nel mirino dei nazifascisti perché da tempo era rifugio di gruppi di partigiani in azione nel versante nord della val di Susa. Dal “43 alla primavera del “45 la Val di Susa fu uno dei teatri più importanti della Resistenza.

Alfredo Bevilacqua il Partigiano Figaro.  Raccontare la storia di Alfredo Bevilacqua, partigiano in Piemonte, è come raccontare la storia di una famiglia e quando, in questa famiglia, c’è la storia di un partigiano, allora il racconto si fa struggente. Alfredo era giovanissimo figlio di una numerosa famiglia dell’Agro Nocerino. Nato a Nocera Superiore il 19 aprile del 1921, partì per la leva militare, trasferito poi in Piemonte in aviazione. Poi arrivò la guerra. A Torino conobbe Milena, giovane modista piemontese da cui ebbe una figlia. Fu proprio il fratello di Milena a condurlo sulle montagne per conoscere i fratelli della Resistenza i quali, smesse le casacche militari d’ordinanza, indossarono quelle della lotta al nazifascismo. Sulle montagne della Val Susa, insieme ad altri partigiani meridionali, visse, lottò e soffrì per la libertà di tutti. Mangiavano riso e pane spesso irrancidito, non avevano granché di cui sfamarsi e la gente del posto cercava di rifornirli rischiando rappresaglie. Combatterono non solo contro il nemico, ma anche contro loro stessi perché dovettero difendersi dalla scabbia, dai pidocchi, dalle infezioni intestinali a causa di ciò che mangiavano e da quelle respiratorie perché lassù, l’inverno era un mostro da cui difendersi anche con calzature di fortuna e giubbe tolte ai cadaveri. Le staffette partigiane portavano, come e appena potevano, cibo, posta e i dispacci con cui comunicavano tra loro, ma Milena, la compagna di Alfredo non resisteva a non vederlo e spesso si recava sulle montagne dal suo amore, nome di battaglia Figaro, perché da civile era un barbiere, finché un giorno Figaro, con modi bruschi ma necessari, dovette vietarle di ritornare, perché metteva in pericolo tutta la brigata e il loro nascondiglio. Questi episodi e racconti sono stati raccolti dall’autrice dell’articolo durante gli incontri, in questi anni, con gli abitanti valsusini e soprattutto con i partigiani ancora in vita. Intanto i nazifascisti avanzavano su per la vallata. Era il 20 aprile del 1945, cinque giorni prima della liberazione.  Un ultimo rastrellamento nemico costrinse i Partigiani della 114ma Brigata Garibaldi, a ritirarsi nella conca di Vaccherezza dove si consumò per mano dei nazifascisti l’ennesimo eccidio che prende il nome dall’omonima vallata. Una granata spappolò una gamba di Figaro ma lui difese se stesso e i suoi sparando fino all’ultimo colpo, sfinito cercò rifugio in un anfratto di roccia dove si nascose in orizzontale. Sentiva però i nazisti avvicinarsi e le urla dei suoi compagni trucidati, si divertivano i fascisti della Monterosa a frantumare le gambe dei feriti col calcio dei fucili prima di finirli. Ma Figaro non poteva concedere se stesso al nemico e così ad un passo dalla cattura, si sparò, lassù in una bara di roccia a Pradurì di Condove. Il partigiano Figaro oggi riposa nei cubi monumentali dedicati alla Resistenza, nel cimitero monumentale di Torino. Non si possono mettere fiori su quei cubi, in rispetto di quanti sono lì sepolti ma senza nome.

 La commemorazione a Vaccherezza 

Ogni ultimo fine settimana di agosto (in aprile la neve rende l’evento impossibile), in Piemonte in Val di Susa, l’A.N.P.I. sez. di Condove-Caprie, commemora l’eccidio di Vaccherezza dove sedici partigiani della 114° Brigata d’assalto Garibaldi, comandati da Alfredo Bevilacqua detto Figaro, furono trucidati in uno dei più crudeli rastrellamenti nazifascisti e non è l’unica commemorazione celebrata in quei luoghi.  Le montagne del Nord d’Italia sono state teatro di vicende belliche che molti di noi conoscono poco e anche male, se non attraverso gli scritti storici. Solo il racconto dei diretti protagonisti, possono spiegare l’intensità di quei momenti e farne vivere l’esatta emozione.  Sulla cerimonia e la funzione religiosa, a cui partecipano tutte le autorità, i sindaci della Valsusa, la Provincia di Torino e la regione Piemonte, sventola lo stendardo dell’A.N.P.I.  Alla cerimonia c’è una grande partecipazione, soprattutto di molti partigiani, alcuni dei quali venuti a mancare negli anni, ma che abbiamo avuto la fortuna di conoscere: Mario Forcellino che a 90 anni ancora saliva sui monti come uno stambecco, il saggio Giudo Carbi che ammoniva i giovani a vegliare sulla memoria perché i tempi sono difficili, Mario Jannon un signore d’altri tempi, il mite “Gin” che negli ultimi tempi soffriva la solitudine, Ivano Piazzi, mitico “Lupo”.   E poi la grande Enrica Morbello Core, detta “Fasulin” perché piccola come un fagiolino, partigiana che conosceva Alfredo Bevilacqua “Figaro”, di cui ne ricordava la bellezza e la sfrontatezza, anch’ella venuta a mancare l’anno scorso. Su di lei è stato realizzato un film La partigiana Fasulin

I Partigiani meridionali… è stato, quest’anno, il tema di un lavoro svolto da alcune scuole dell’agro nocerino sarnese che hanno inteso in tal modo riportare alla memoria un pezzo di storia d’Italia e della nostra libertà democratica a cui hanno partecipato uomini e donne meridionali, non solo ai vari atti di Resistenza verificatisi nel Mezzogiorno d’Italia, ma anche a coloro che si spostarono nel fronte di guerra centro settentrionale e non si trattò di un semplice contributo come fino a pochi anni fa veniva considerato. In particolare l’I.I.S. Guglielmo Marconi di Nocera Inferiore ha realizzato uno stupendo lavoro sulla figura del partigiano Alfredo Bevilacqua. Partendo dalle interviste ai familiari e alla consultazione di documenti hanno realizzato un video eccezionale che si completa in una poesia dedicata ad Alfredo Bevilacqua, nome di battaglia Figaro; una ballata poetica toccante e struggente nelle cui strofe gli studenti sono riusciti a condensare la situazione emotiva di quei momenti in una narrazione fluente di commozione: veramente bravi. Vi alleghiamo il link per visionare il loro video:                                                                                                                                                                                                           https://clipchamp.com/watch/awABguUDX87?utm_source=share&utm_medium=social&utm_campaign=watch

Titty Ficuciello

Il sacrario di Vaccherezza

                                                                                                                                                                                                                      

La ballata poetica scritta dagli studenti dell’I.I.S. G. Marconi di Nocera I. in memoria del partigiano Alfredo Bevilacqua nome di battaglia Figaro

     

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