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Lo Stato di El Salvador è uno dei meno estesi dell’America Centrale, ma il più densamente popolato. Come la maggior parte degli stati del centrocamerica, El Salvador è un’ex colonia spagnola diventata indipendente nel settembre del 1821, ma molti anni più avanti – dal 1980 al 1992 – dovette affrontare una delle situazioni più dure e sanguinose di tutta la storia del paese, ossia la famosa Guerra Civile fra le forze armate governative e le forze insurrezionali del Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale, un partito politico salvadoregno di sinistra che si ispirava al rivoluzionario Agustín Farabundo Martì, politico e rivoluzionario del paese stesso. Il numero di vittime di quella guerra è stato stimato in circa 75.000 tra morti e dispersi. Il conflitto si è concluso con gli accordi di pace firmati che hanno permesso la smobilitazione delle forze ribelli e la loro integrazione nella vita politica del paese.

Come detto in precedenza, la Guerra Civile durò quasi 12 anni, e all’interno di quei conflitti e di quei problemi che affliggevano il paese c’era una Nazionale che doveva scendere in campo per provare a centrare un traguardo storico che in quel momento così delicato avrebbe quantomeno strappato un sorriso a tutta la popolazione. Bisognava duellare per le qualificazioni al Mondiale del 1970 che si sarebbe disputato in Messico. Già, proprio nella terra dei messicani, uno Stato “alleato” in quel conflitto sanguinoso che poteva fungere anche da arma vincente nel caso in cui El Salvador avesse staccato il biglietto per la fase a gironi.

La Nazionale venne inserita nel Gruppo 4 insieme alle Antille Olandesi e alla Guiana Olandese, due formazione che ovviamente non potevano rappresentare pericoli elevati. Con tutti gli scongiuri possibili, El Salvador evitò compagini molto più quotate, in primis gli Stati Uniti e il Canada, che pur non avendo qualità eccelse dal punto di vista tecnico, dalla loro parte vantavano tanta fisicità in grado di spazzare via gli esili salvadoregni. Esordio a San Salvador con una larga vittoria per 6-0 contro la Guiana Olandese, poi, circa 10 giorni più tardi, un misero 1-0 tirato contro le Antille Olandesi. Prima parte del girone completata, e 6 punti conquistati. Non male come rendimento. Nelle due gare di ritorno, altra vittoria per 2-1 contro le Antille, e sconfitta pesante per 4-1 in Suriname contro la Guiana, un risultato che non influì sull’andamento finale del percorso perché El Salvador si qualificò per la semifinale contro l’Honduras. L’8 giugno, nella capitale honduregna di Tegucigalpa, si giocò l’andata della semifinale per la qualificazione ai Campionati del Mondo del 1970 tra la sorpresa El Salvador e i padroni di casa dell’Honduras. Un match caratterizzato da una tensione fortissima, tanto che l’hotel degli ospiti (poi sconfitti per 1-0) fu preso di mira. Ma soprattutto, si verificò un altro episodio che fece discutere. A San Salvador, la diciottenne Amelia Bolanos, dopo il gol subito dalla sua Nazionale, si sparò con la pistola del padre. La tragedia inaugurò due settimane delicatissime, fino alla gara di ritorno vinta da El Salvador 3-0. Ma non è tutto. Secondo il regolamento, le due squadre avrebbero dovuto giocarne una terza (visto che ne avevano vinta una a testa). E così, appuntamento allo stadio Azteca, a Città del Messico: 2-2 finale, con El Salvador trionfante ai supplementari e qualificato per la finalissima contro Haiti. Possiamo dire con certezza che, per molti, El Salvador aveva già vinto nonostante c’era ancora da giocare la finalissima con Haiti per andare al Mondiale. Per un salvadoregno, battere l’onduregno in una qualsiasi disciplina è un qualcosa di indescrivibile. El Salvador vinse – soffrendo tantissimo – anche la finale contro Haiti, e si qualificò per la prima volta nella storia alla fase a gironi di un campionato mondiale di calcio.

Salvador Mariona, ex calciatore della Nazionale di El Salvador, con una foto della spedizione mondiale del 1970.

Il caos generato in campo portò alla guerriglia tra la popolazione (l’incontro calcistico, naturalmente, è stato solo un pretesto: le relazioni tra Honduras ed El Salvador non sono mai state facili dal punto di vista geopolitico). E la situazione degenerò a tal punto che il 14 luglio El Salvador attaccò l’Honduras – dopo l’espulsione, da parte di quest’ultimo, di circa 300.000 immigrati salvadoregni – per difendere i propri cittadini e i propri confini. Il conflitto durò quattro giorni e fu uno dei più sanguinosi del secondo dopoguerra, con quasi 6mila vittime ed oltre 15mila feriti. Alla fine, El Salvador e Honduras riuscirono a ristabilire la pace con il Trattato di pace di Lima, firmato nel 1970, ma la guerra del calcio non è mai stata dimenticata, e non potrà mai esserlo.

El Salvador, dopo tutti gli avvenimenti che abbiamo elencato, venne sorteggiato nel Gruppo 1 insieme all’Unione Sovietica, al Belgio, e ai padroni di casa del Messico. Un girone di ferro, se non impossibile, per via della forza degli avversari. D’altronde non può che non essere così, perché se vai a giocarti un Mondiale sai bene che prima o poi dovrai confrontarti con corazzate e campioni incredibili. In patria c’era tanto entusiasmo, ma allo stesso tempo tanta paura per la guerra. C’è chi si riunì nelle proprie abitazioni, chi cercò di andare da qualche amico, e chi aveva meno possibilità ascoltava il tutto con una radiolina nella speranza che tutto, ma proprio tutto, sarebbe finito nel migliore dei modi. Esordio contro il Belgio, e secco 3-0 da parte degli europei firmato dalla doppietta di Wilfried Van Moer e da Raoul Lambert, storico attaccante del Brugge. Quattro giorni dopo, arrivò il Messico. Gli amici messicani, alleati per quanto riguarda la Guerra Civile, rifilarono un 4-0 senza complimenti. Giocavano in casa, nel meraviglioso Estadio Azteca con oltre 100mila sostenitori messicani. Impresa al limite dell’impossibile anche questa, anche perché il Messico aveva una squadra molto ostica e interessante. Doppietta di Javier Valdivia, poi goal di Fragoso e Basaguren per l’eliminazione di El Salvador con una giornata d’anticipo. Nell’ultima gara c’era da affrontare l’ostica Unione Sovietica. Il tecnico chiese alla squadra di chiudere in maniera degna una spedizione comunque formativa dal punto di vista umano e professionale, segnando almeno un goal, ma purtroppo per loro non arrivò nemmeno quello. I sovietici vinsero 2-0 grazie alla doppietta di Anatolij Byšovec, ex storico attaccante della Dinamo Kiev che qualche anno dopo riuscirà a diventare anche un valido allenatore nell’ambito dell’est-Europa, con una parentesi nella nazionale sudcoreana a fine anni ’90.

El Salvador aveva scritto una pagina di storia incredibile, irripetibile almeno fino al 1982, data nella quale la Nazionale ritornò a disputare un Mondiale, il secondo e finora ultimo nella sua storia. Anche lì le difficoltà furono tante, ma allo stesso tempo ci furono anche delle imprese che vanno ricordate. Arrivare secondi nel proprio girone di qualificazione mettendosi alle spalle squadre più blasonate come il Messico di Hugo Sanchez, fu un qualcosa di eccezionale. L’unica pecca? Arrivare dietro ai nemici dell’Honduras non è mai bello, ma a consolare i salvadoregni fu lo 0-0 di Tegucigalpa. Altra bella e indimenticabile soddisfazione, fu la vittoria contro i messicani per 1-0, in quella che è ancora oggi ricordata come una delle partite più bella della storia del calcio salvadoregno.

Anche in quella occasione, El Salvador venne inserito in un girone dannatamente complicato, di gran lunga superiore a quello del 1970. Dentro c’era l’Argentina di Maradona e Passarella, l’Ungheria, e il Belgio che si presentava con una squadra molto più forte rispetto a quella dei mondiali messicani. Inizio drammatico: gli ungheresi vincono 10-1 all’esordio, infliggendo così la sconfitta più pesante di tutta la storia del calcio salvadoregno. Magra consolazione fu il goal di Ramirez Zapata, unico e solo del torneo visto che El Salvador perderà anche contro Argentina e Belgio chiudendo ancora una volta all’ultimo posto in classifica e abbandonando il torneo alla fase a gironi.

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