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Una carriera tra trionfi, delusioni e lotta alla depressione

Salendo su quella scala, con i gradini che sbucavano letteralmente dal cielo azzurro, Jim Carrey nel finale di «The Truman Show» sceglieva di lasciare il mondo artificiale che aveva abitato fino a quel momento — che era poi il mondo dello spettacolo — per iniziare finalmente a concentrarsi sulla realtà. Ventiquattro anni più tardi, l’attore sta decidendo se compiere la stessa scelta. Se risalire quei gradini — diventati anche il manifesto della prossima edizione di Cannes, che ha fermato proprio quella scena nella sua locandina ufficiale — e abbandonare un mondo che, a detta sua, lo ha trattenuto a sufficienza.

«Vado in pensione, sono abbastanza serio», ha dichiarato qualche settimana fa, durante l’uscita del suo ultimo film, Sonic 2 – Il Film (un successo al botteghino). Aggiungendo: «Sento che ne ho abbastanza. Ho fatto abbastanza. Sono abbastanza». L’ironia di una sorte che pare ripetersi, si legge anche nella motivazione per cui il Festival ha voluto proprio quell’immagine per la sua locandina, intendendola come «una celebrazione poetica dell’insuperabile ricerca di espressione e libertà. Un viaggio verso l’alto per contemplare il passato e andare avanti verso la promessa di un risveglio».

Ed è forse questa ricerca di libertà che spinge l’attore, che a gennaio ha compiuto 60 anni , a volersi ora concentrare su altro: «Mi piace molto la mia vita tranquilla — ha detto —. Amo dipingere su tela e anche la mia vita spirituale». E il cinema, dunque? «Dipende se gli angeli porteranno una sceneggiatura scritta con inchiostro dorato, che possa essere importante per le persone che la guarderanno. A quel punto potrei prendere in considerazione la cosa, ma sto per prendere una lunga pausa». Una pausa da un mondo che pure, come nel film di Weir, rischiava di essere la sua stessa vita visto che, già da ragazzino, a scuola i professori del liceo facevano spesso terminare le lezioni qualche minuto prima per permettergli di esibirsi davanti ai compagni.

Un primo successo per un ex bambino molto timido, come si è spesso definito, arrivando a descriversi come «un disadattato totale, nessuno parlava con me». La scoperta di quel talento vistoso è stata solo la prima di molte svolte. Arrivate, all’inizio, grazie al suo viso che, attraverso la mimica, poteva diventare un altro: «Mi sono allenato facendo le facce allo specchio e ho fatto diventare matta mia madre — aveva raccontato —. Cercava di spaventarmi dicendomi che avrei visto il diavolo se avessi continuato a guardarmi allo specchio. Questo mi ha affascinato ancora di più, naturalmente».

E quindi eccola, la sua faccia di plastica, dove per una volta la chirurgia estetica non c’entra nulla. Di plastica perché sembrava in grado plasmarsi in mille espressioni, tanto da diventare una sorta di cartoon vivente. Un comico poi scoperto dal cinema che lo impone con film come «Ace Ventura – L’acchiappanimali», «The Mask», «Scemo & più scemo». Amatissimi al botteghino ma stroncati dalla critica. Quindi, un’altra svolta, proprio con «The Truman Show»: Carrey il comico è un attore credibilissimo anche quando non c’è niente da ridere.

«Credo molto nella filosofia che dice che ognuno si crea il proprio universo. Io sto solo cercando di crearne uno buono per me», aveva detto. E da dopo quel film il suo universo era diventato improvvisamente trasversale: se da una parte ha continuato a frequentare la commedia, Carrey ha dato vita a convincenti ruoli drammatici da quello in «Man on the Moon», di Miloš Forman, a «Se mi lasci ti cancello». Ma se da una parte c’era un successo che lo aveva reso tra gli attori più popolari di Hollywood, dall’altra quelle ombre che si era dimostrato capace di interpretare sul grande schermo avevano invaso anche la sua vita.

Carrey ha spiegato di aver sofferto per anni di depressione: «Non è più la mia compagna costante, come un tempo — ha spiegato di recente —. Ora non mi sento più affogare perché mi sono reso conto che è come la pioggia, ti bagna, certo, ma non si posa abbastanza da sommergermi». Del resto, «la vita è un’altalena tra la gioia e la tristezza e a volte bisogna affrontarle con la convinzione che gli stati d’animo spesso derivano dalle circostanze esterne e non li puoi controllare». Altre volte basta invece scegliere di salire le scale.


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