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I volontari dell’Ana monteranno alla Fiera la più grande struttura campale d’Europa: 250 posti letto con ogni strumentazione per la città più colpita

È il vecio della Protezione Civile, nato assieme a lei dalla terribile esperienza del terremoto del Friuli. Più di quarant’anni e decine di emergenze dopo, adesso l’ospedale da campo dell’Associazione Nazionale Alpini interviene nell’epicentro dell’epidemia: a Bergamo. Quella delle penne nere è una struttura di veterani, che hanno portato soccorso in tutto il mondo, dal Kosovo della guerra allo Sri Lanka dello tsunami: ostinati e generosi, come gli alpini sanno essere. E contrariamente ai presidi medici dell’Esercito, progettati per curare le ferite dei soldati, quello dell’Ana è stato concepito per aiutare le popolazioni in caso di grandi calamità.

L’impiego sarà rapido. Mezzi e materiali si trovano già alle porte di Bergamo, a ridosso dell’aeroporto di Orio al Serio: una sede scelta per agevolare il trasferimento ovunque con gli Hercules dell’Aeronautica. I volontari hanno dimostrato nelle esercitazioni di saper montare un ospedale leggero in meno di tre ore. Questa volta però l’impegno sarà più massiccio. A disposizione ci sono tendoni e 14 moduli container che si uniscono a formare un “ospedale maggiore”, con due reparti di pronto soccorso, centri di radiologia, sale operatorie e terapia intensiva, che verranno tutti riconvertiti per aiutare la respirazione dei malati colpiti dal Covid-19.

Ogni elemento è trasportato su camion speciali, in una grande colonna mobile che prenderà posizione all’interno della Fiera di Bergamo. Viene considerata “la più importante struttura sanitaria campale d’Europa”, completamente autonoma per i rifornimenti di acqua ed energia. Quasi 350 operatori specializzati si occuperanno di farlo funzionare. Come ha spiegato il presidente dell’Associazione, Sebastiano Favero, i posti letto saranno 250: un sostegno prezioso per la provincia dove ci sono già 3.993 persone contagiate, 233 in più soltanto ieri. E furono proprio medici e volontari bergamaschi, accorsi tra le rovine di Gemona nel 1976, i primi ad avere l’idea di creare l’ospedale mobile.

Dall’inizio della crisi già duemila ex alpini si sono mobilitati. In Veneto stanno contribuendo a rimettere in funzione cinque ospedali dismessi. Altri volontari dell’Ana in tutto il Nord stanno facendo il possibile: gli infermieri nelle corsie, volontari contribuiscono a impedire che i parchi chiusi al pubblico vengano frequentati o distribuiscono cibo e medicinali agli anziani chiusi nelle case. L’avanguardia di una solidarietà che unisce le oltre 260 mila penne nere di tutta Italia con 80 sezioni e circa 4500 gruppi: una montagna di generosità, che da 101 anni è sempre in prima linea quando c’è da soccorrere.

Fonte: https://milano.repubblica.it/

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