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Maggio è il mese degli inizi.
Ma maggio è anche il mese della ricorrenza.
Di-fatti ce ne è uno in particolare che, a differenza degli altri e nel 1978, ha “scritto” una delle pagine più nere della storia dell’Italia.
Esattamente 45 anni fa, furono assassinate due importanti personalità che hanno contraddistinto, per l’appunto, la storia contemporanea italiana: Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, e Peppino Impastato, giornalista, conduttore radiofonico e attivista antimafia.

L’UNIONE FA LA FORZA: ALDO MORO
Giurista, Padre costituente, politico e docente ordinario di diritto penale, Aldo Moro, nasce il 23 settembre del 1916 a Maglie, un comune della provincia di Lecce.
Dopo aver conseguito la Maturità Classica, s’iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Bari.
Laureatosi con la lode, intraprese percorsi accademici così brillanti tanto da completare il cursus honorum e di conseguenza – a soli 35 anni – ottenere la cattedra di professore ordinario di diritto penale.
Fu uno dei fondatori della Democrazia Cristiana e nel 1946 ne divenne prima vicepresidente poi suo rappresentante nella Costituente.

In sostanza: Moro era un promotore della Democrazia e credeva in una politica innovativa, unita e costruita sulla “strategia dell’attenzione” – o meglio – un compromesso storico tra il partito comunista e la democrazia cristiana che fu proposto alle elezioni del 1976.

Ne conseguì che: il Partito Comunista non partecipò al governo in una grande coalizione.
E ciò fu fatale per lo statista.
Infatti, le Brigate Rosse, temendo che siffatto compromesso avrebbe segnato la fine del Partito Comunista in Italia, il 16 marzo del 1978 , rapirono Moro in via Fani a Roma.
Tal sequestro, determinò non solo la morte di cinque uomini della sua scorta ma, dopo cinquantacinque giorni di prigionia, si concluse con l’omicidio del giurista.
Il 9 maggio 1978, per l’appunto, Aldo Moro presidente della Democrazia Cristiana e professore ordinario di diritto penale, fu assassinato dalle Brigate Rosse e il cadavere fu poi ritrovato poche ore più tardi nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Michelangelo Caetani a Roma.

“Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo.”

Pezzo tratto dall’ultima lettera scritta da Aldo Moro alla moglie Eleonora durante la prigionia.

IL CORAGGIO DI CAMBIARE: PEPPINO IMPASTATO
Palermo. Il 5 gennaio del 1948, a Cinisi, viene al mondo uno degli attivisti antimafia più coraggiosi d’Italia: Giuseppe – detto Peppino – Impastato.
Coraggioso perché?
Perché nasce in una famiglia molto legata a Cosa Nostra.
Una famiglia dove la maggior parte dei suoi esponenti erano dei mafiosi.
Eccetto sua madre.

Dati i cattivi rapporti col padre, in quanto non ne condivideva né il pensiero e né la vita mafiosa, il giovane Impastato, fu allontanato dalla famiglia e con l’emancipazione conquistata avviò un’attività politico-culturale di sinistra e antimafia.

Molteplici sono state le sue attività di supporto sociale.
Infatti, nel 1965, fondò il giornalino “L’Idea socialista” e aderì al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria.
Militò nei gruppi di Nuova Sinistra.
Condusse le lotte per i contadini e per i disoccupati.
Costituì il gruppo “Musica e cultura” in cui svolse attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.).

E nel 1977 fondò “Radio Aut”, radio libera e autofinanziata, con cui denunciò i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini.
Il programma più seguito fù “Onda pazza”, trasmissione satirica con la quale sbeffeggiava mafiosi e politici.
Nell’anno successivo (nel 1978), nonostante le minacce, si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali.
Purtroppo non ebbe la possibilità di assistere e di gioire all’esito delle votazioni, in quanto fu assassinato il 9 maggio del 1978 a Cinisi.

Stampa, forze dell’ordine e magistratura – manipolate da Cosa Nostra – inizialmente nutrirono la tesi che Peppino stesse architettando un attentato in cui lui stesso sarebbe rimasto vittima. Poi, iniziarono a parlare di suicidio dopo la scoperta di una lettera in casa della zia.

Al funerale, parteciparono circa mille persone provenienti per lo più da Palermo e dai paesi vicini.

Solo piu avanti e grazie all’instancabile determinazione di Felicia, madre di Peppino, si giunse alla matrice mafiosa dell’omicidio riconosciuta nel maggio del 1984 dal tribunale di Palermo.

La mafia uccide, il silenzio pure.

Una delle citazioni più significative di Peppino Impastato.

Dunque, Padre della Carta Costituzionale uno e figlio della Costituzione l’altro, due Uomini con storie di vita diverse ma UNITI non solo nei principi morali e sociali ma anche da destini nefasti.

Il mestiere s’impara, il coraggio ti viene.

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