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L’Isola delle Rose nasce per essere una micro-nazione “ideale” e libera (del tutto sganciata dallo Stato
Italiano) con una propria bandiera, una lingua ausiliaria ufficialmente utilizzata (l’esperanto – infatti il nome
originale dell’Isola era “Insulo de la Rozoj”), una moneta (il Mill) e una linea filatelica del tutto autonome.

L’ Italia, nel 1945, appariva come un paese fortemente segnato dalle devastazioni della guerra: la forte
disoccupazione e le numerose tensioni sociali completavano il quadro delle tante difficoltà che il nuovo
sistema democratico si trovava ad affrontare.
Il periodo più critico per l’economia italiana poteva dirsi superato già all’inizio degli anni ‘50 con il recupero
dei livelli produttivi precedenti il conflitto.

Nel 1955 venne poi varato il “piano Vanoni”, un primo tentativo di programmazione economica sotto la
guida dello Stato: nel giro di pochi anni, tra il 1958-1960, il paese, uscito in rovine dalla guerra, divenne una
tra le maggiori potenze industriali del pianeta.
In questo periodo le città si modificarono in affollate metropolitane e il sistema delle comunicazioni e dei
trasporti vennero rivoluzionati. Tuttavia, nonostante i molti aspetti positivi, il rapido sviluppo economico
italiano ebbe anche un’altra faccia caratterizzata dallo spopolamento delle campagne, dalla crescita del
divario fra Nord e Sud e dai numerosi squilibri di carattere sociale, aspetti che non avrebbero tardato a
manifestarsi negli anni ‘60

Nel 1958 L’ingegner Rosa sperimentò, in mare aperto, un innovativo tipo di struttura galleggiante, in
acciaio tubolare, che potesse resistere alla forza delle onde.
Tramite la sua società SPIC (Società Sperimentale per Iniezioni di Cemento) iniziò le ispezioni dei fondali.
Mise così a punto un brevetto che nel 1968 si materializzò con i lineamenti di una spartana piattaforma di
calcestruzzo armato e acciaio di 20×20 metri, sospesa a 8 metri dal livello marino, sostenuta da 9 pali cavi di
630 millimetri conficcati per 40 metri di profondità.

Fu prevista un’elevazione di 5 piani, così da aprire anche un ristorante e un albergo, oltre che lottizzare una
parte del manufatto per consentire ad altri di aprire negozi, ma di impalcati ne saranno costruiti soltanto
due di 400 metri quadrati ognuno.
La piattaforma fu fissata in prossimità di Torre Pedrera, dove l’ingegner Rosa trovò una falda di acqua
dolce, più o meno dove oggi si situano le piattaforme metanifere dell’Agip.

Lo Scopo di questa sua impresa era creare uno stato del tutto slegato da quello Italiano, autonomo anche
fiscalmente (sul modello di San Marino), che potesse auto-finanziarsi attraverso i ristoranti e i negozi di
souvenir che sarebbero stati aperti per i turisti e i curiosi in arrivo da Rimini.
Subito i giornali dell’epoca ripresero la notizia, dandogli ampia visibilità anche a causa delle leggende che vi
giravano attorno: si diceva che sull’Isola ci fossero casinò e case chiuse, che ospitasse una stazione radio
pirata, che fosse un centro di spionaggio internazionale, addirittura che fungesse come base per
sottomarini sovietici.

Nulla di tutto ciò venne ovviamente mai comprovato, ma l’ideale che proclamava era in sé sufficiente per
comportare un problema per lo Stato Italiano.
Di conseguenza il 25 giugno 1968 la capitaneria di porto e la guardia di finanza circondarono la piattaforma
e, con un serrato pattugliamento, impedirono a chiunque (costruttori compresi) di potervi attraccare,
ottenendo quindi un vero e proprio blocco navale.

Nel febbraio del 1969 i sommozzatori della Marina Militare Italiana iniziarono le operazioni per la
demolizione dell’Isola, che venne fatto crollare con diversi chili di esplosivo. La costruzione era però così
ben realizzata che neppure la seconda esplosione la fece inabissare : operazione che invece riuscì a una
burrasca il 26 febbraio del 1969.


Fonte: Wikipedia

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