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Il miracolo della Danimarca nel 1992, la tradizione, le infrastrutture sempre all’avanguardia e settori giovanili che negli ultimi anni hanno sfornato calciatori del calibro di Haaland e Odegaard. Conosciamo meglio il mondo del calcio scandinavo grazie ad Alessandro Musumeci, responsabile dello scouting per la MdR Sports Management, oltre che fondatore della pagina Facebook “Il Calcio Nordico”.

La passione per il calcio scandinavo

Com’è nata questa passione? Tutto è partito dal 1998: “Seguo il calcio da quando ho memoria. Il mio primo vero ricordo calcistico risale ai Mondiali del 1998, avevo 5 anni. Il Calcio Nordico è stata una sorta di necessità arrivata nel momento in cui – soprattutto dal punto di vista economico – il calcio dei campionati principali ha totalmente perso il contatto con la realtà. La storia e la cultura dei Paesi nordici sono sempre stati di grande interesse per me, a quel punto mi sono detto: “Perché non unire queste due passioni?”. Una volta dentro, è stato davvero impossibile uscirne. Un calcio che per maniera di essere vissuto e per valori, coincide con il mio modo di approcciare la vita”.

Una leggenda del Manchester United come icona

Tra le tante icone dal calcio nordico non poteva mancare quella di Peter Schmeichel, storico “numero uno” del Manchester United di Sir Alex Ferguson: “Per me in vetta – da un punto di vista prettamente affettivo – c’è la famiglia Schmeichel. Peter leggenda infinita, Kasper dopo tante difficoltà diventa un pilastro della Nazionale e vince probabilmente il campionato più incredibile della storia calcistica del nuovo millennio, con la maglia del Leicester. Insomma, inarrivabili”.

Un viaggio in Scandinavia? Sì, già fatto

Alessandro ha già avuto modo di viaggiare in Scandinavia, in particolare in Danimarca: “Ho avuto modo di assistere a qualche partita. L’unica squadra che tifo è il Lyngby BK e curiosamente uno dei membri dello staff segue la pagina. Gli capitò di leggere in alcuni post che ne parlavo come della mia squadra del cuore e mi invitò per il derby contro il Nordsjælland. I calciatori mi firmarono una maglia, mi fecero fare il tour dello stadio, degli spogliatoi prima del derby. Davvero una bella esperienza. Tanto per concludere la storia, quel derby finì 1-1 con gol di Emil Nielsen per noi e di Kudus per loro. Giocarono anche Damsgaard e Kofod Andersen. Poi ci sarebbero tante storie su altre partite, ma mi fermo qui”.

Impianti e strutture in Scandinavia

Nel Nord Europa, questi sono aspetti che vengono messi al di sopra di ogni cosa: “Strutture e formazione dello staff sono le parole chiave nel Nord Europa. I soldi più che essere investiti nel calciomercato, vengono investiti in progetti di lunga durata. Poco importa se riguardano strutture o appunto lavorare sulle competenze delle persone che fanno parte del club.

Se penso ai principali club nordici, il FC København gioca nel bellissimo Parken, l’AIK nella fantastica Friends Arena, Hammarby e DIF alla Tele2 Arena, il Molde nell’Aker Stadion (vi consiglio di andare a vedere in che zona è posizionato lo stadio, magnifico), Midtjylland e Bodø/Glimt hanno già pubblicato i progetti dei nuovi stadi con attenzione particolare all’ecosostenibilità, tema sempre caldo nel Nord Europa, in Finlandia hanno ristrutturato da poco lo stadio Olimpico, persino nelle piccole Isole Fær Øer lo stadio della Nazionale è un gioiellino.

In questi Paesi con inverni particolarmente rigidi, avere strutture all’avanguardia è fondamentale. In Islanda ad esempio, l’evoluzione tecnica degli ultimi anni è dovuta anche al fatto che siano state costruite strutture indoor che hanno permesso ai ragazzi di allenarsi in condizioni ideali anche in inverno. All’esterno sarebbe impossibile.

Con questo discorso non voglio dire che ogni stadio del Nord Europa sia un gioiello, alcuni sono davvero ai limiti delle norme, ma quando le finanze lo consentono, i club non esitano a costruire o ristrutturare”.

Le differenze con l’Italia calcistica

Purtroppo, in Italia non abbiamo strutture moderne fatta eccezione per 2-3 realtà del nostro calcio: Che l’Italia sia molto indietro è un dato di fatto. Non solo nei confronti del Nord Europa, ma di tantissimi Paesi del mondo. Siamo aggrappati alle glorie del passato, viviamo di rendita per quanto riguarda la reputazione dei club, abbiamo strutture tremende, mentalità retrograda, un sistema che non funziona e direi che il calcio italiano è lo specchio di un Paese che potrebbe essere un’autentica meraviglia ma che per loschi interessi ed incompetenza, è stato abbandonato a se stesso.

Poi è un Paese che vive di calcio, fortunatamente di gente pulita e competente ne esiste ancora e soprattutto esistono ragazzi appassionati che nonostante tutte le difficoltà emergono e rappresentano la Nazionale azzurra. L’Europeo vinto, per me è una sorta di miracolo sportivo. Per carità, l’Italia è pur sempre l’Italia ma la Nazionale italiana non partiva allo stesso livello delle big.

Quello che amo del Calcio Nordico è che per loro lo sport non è questione di vita o di morte, ma una possibilità di divertimento, di aggregazione ed il modo ideale per restare in forma o lontani dai guai. Il Nord Europa non è il paradiso, i problemi ci sono anche li, come in ogni parte del mondo ed in alcuni casi sono gravi. In Islanda ad esempio, lo sport è stato usato per allontanare i giovani dall’alcool, che in un certo periodo era un po’ diventata una piaga sociale. 

Quando si parla di sport, lo si fa nella maniera più positiva possibile, non è solo motivo di litigi, polemiche e interessi economici come purtroppo sta diventando da noi. Per non parlare poi del disgustoso pseudo-giornalismo da social fatto dai più importanti quotidiani italiani. Hanno portato la gente ad incattivirsi ancora più del solito”.

I movimenti calcistici scandinavi sono in costante crescita

Secondo Alessandro, tutte le Nazionali stanno lavorando molto bene: “Se parliamo di Nazionali, soprattutto a livello giovanile si sta lavorando molto bene. Danimarca e Norvegia stanno dando vita a talenti davvero di alto livello, che riescono anche ad imporsi nei principali campionati europei. Per la Svezia ci sarebbe da fare un discorso diverso perché la maggior parte dei calciatori che emergono negli ultimi anni, sono figli del forte fenomeno di immigrazione che ha interessato il Paese, infatti ci si ritrova con calciatori con caratteristiche fisiche e tecniche estremamente varie.

Questo puo essere un aspetto positivo se pensiamo alla scelta ma porta un po’ a cambiare la filosofia di questa Nazionale. L’attuale CT – estremamente attaccato alla tradizione – nell’ultimo bienno ci ha capito poco. Non mi sento di dire che sia positivo o negativo ma il mondo di oggi è cosi e bisogna adattarsi rapidamente per avanzare, è inevitabile.

La Finlandia vive un ottimo momento. Seppur i migliori calciatori della sua storia siano ormai ritirati, penso a Litmanen e Hyypiä, ha sfornato una generazione capace di trascinare la Nazionale al suo primo Europeo ed ha una U21 con qualche elemento di qualità. 

Complessivamente il movimento è in crescita. Si è passati da un calcio fisico e ruvido, ad un calcio più tecnico rispetto al passato ma giocato da ragazzi con capacità fisiche importanti. Insomma, in linea con il calcio moderno”.

Come viene vissuta una partita di calcio?

Ci sono differenze tra gli italiani che vivono una partita di calcio e gli scandinavi: “Dipende dalle partite. Ci sono alcuni derby come FC København vs Brøndby o AIK vs Hammarby che vengono vissuti in maniera estremamente intensa, a volte anche violenta, sia in campo che fuori. Parliamo di rare eccezioni. Nella maggior parte dei casi però direi che le partite si vivono in maniera serena. I grandi club magari hanno un po’ più di pressione, ma a livello di tifoserie, media o altre fonti di tensione e distrazione, si sta tranquilli.

Poi allo stadio – per quanto mi riguarda – ho sempre visto applausi della tifoseria anche in caso di sconfitta (se i ragazzi si sono impegnati), tanti bambini giocare nelle apposite zone dedicate a loro, tranquillità nonostante la birra scorra a fiumi e freddo, tanto freddo!”.

La cura del settore giovanile

In Scandinavia, la cura del settore giovanile è un aspetto molto importante: “L’approccio è sicuramente più centrato sullo sviluppo del ragazzo, sia da un punto di vista sportivo che personale. Non c’è l’ossessione del risultato ma piuttosto quello di fornire alla prima squadra ragazzi di talento, maturi anche da un punto di vista mentale. Lo studio è sempre al centro di tutto.

Qui è più semplice generalizzare, perché questa è un po’ la mentalità nordica. Anche se farei differenza tra grandi club e club più modesti. Al FC København ad esempio, la concorrenza è spietata. Se pensiamo al percorso scolastico, credo che il metodo finlandese sia uno dei migliori al mondo.

I calciatori oltretutto sviluppano un rapporto molto intenso con il club ed hanno tendenza a tornare praticamente sempre a fine carriera. Questo è dovuto anche al fatto che non vedrai praticamente mai un club agire solo nel proprio interesse cercando di bloccare un ragazzo ma al contrario, si rispetta la sua volontà. Non è raro che i giocatori partano a parametro zero anche avendo un valore importante per il club, perché in fondo, c’è questa sorta di accordo ufficioso che in caso di difficoltà, poi magari torni al club che ti ha cresciuto.Anche in questo caso sarebbe sbagliato pensare che sia il Paese dei balocchi.

Anche al Nord, in realtà spesso piccole, puo capitare di essere messo da parte per far giocare il figlio dell’allenatore o magari non fai parte di un determinato giro di conoscenze, pero rispetto a quello che conosciamo in Italia, la situazione è sicuramente migliore”.

Il miglior vivaio della Scandinavia? In Danimarca

Secondo Alessandro, il miglior vivaio scandinavo è in Danimarca: “Il vivaio del Nordsjælland è estremamente interessante anche perché è un’autentica fabbrica di talenti. Il club punta tutto sull’accademia sia quella danese che quella presente in Ghana, quindi ha quasi l’obbligo di creare dal nulla talenti da rivendere a prezzi alti.La squadra praticamente ogni anno ha un’età media bassissima e puntualmente realizza plusvalenze incredibili per il contesto danese.L’ultima è stata quella di Schjelderup al Benfica, preso a 0 quando aveva 15/16 anni dalle giovanili del Bodø/Glimt e rivenduto per 14M€ + 20% sulla futura vendita.I casi sono tantissimi da Skov Olsen a Kamaldeen, Damsgaard, Kudus. Lavoro impressionante.

Se devo dirti un giovane pronto ad esplodere, se resta concentrato e lavora duro, è Roony Bardghji del FC København. Svedese di origini siriane, tecnicamente è impressionante. Sembra un po’ una testa calda, ma se non perde la retta via, riuscirà ad avere una carriera estremamente interessante”.

La Nazionale con il futuro più luminoso

La Nazionale di Haaland e Odegaard è sicuramente la più avvantaggiata: “La Norvegia è la Nazionale che incuriosisce di più. Il fatto di avere Haaland sposta ovviamente gli equilibri, ma tra Ødegaard, Schjelderup, Berge, Ajer, Thorstvedt, Pedersen e tanti altri, ha una giovane generazione pronta a regalarci anni importanti. Peccato per il CT. Attualmente Solbakken ha spesso sbagliato le scelte e non mi sembra che sia riuscito a dare una vera identità a questa squadra. Staremo a vedere in futuro.

Seguono Danimarca e Svezia in termini di potenziale. La Danimarca ha probabilmente giocatori più pronti rispetto a Norvegia e Svezia, il passaggio a vuoto in Qatar mi è solo sembrato il chiaro segnale di un necessario cambio generazionale. La Svezia invece è frenata dal CT come dicevo prima.

Tra gli altri movimenti nordici, quello più talentuoso mi sembra quello islandese anche se poi, questo talento per il momento mi sembra piuttosto fumoso. Cambio generazionale delicato e gestito abbastanza male. La Finlandia ha qualche ragazzo interessante ma sta in piedi soprattutto grazie al CT Kanerva, poco spettacolare ma estremamente efficace.

La Fær Øer stanno crescendo sotto tutti i punti di vista e lo stanno facendo al loro ritmo. L’attuale generazione è una delle migliori della sua storia ma devo dire che anche l’U21 ci sta regalando qualche risultato epico”.

Quanto bisogna aspettare per rivivere un’altra impresa come quella della Danimarca nel 1992?

Una “Danimarca 2.0” sul tetto d’Europa o addirittura del mondo? Non è impossibile: “Non è impossibile, ad Euro 2020(1) la Danimarca ci ha provato e devo dire che è stata eliminata in semifinale ai supplementari, da un rigore quantomeno discutibile.

Detto questo, le competizioni diventano sempre più lunghe e quindi avere una panchina di qualità diventa fondamentale, soprattutto con i 5 cambi. La grande differenza oltre che di mentalità ed esperienza con le big, è anche legata alle energie a fine torneo. Le Nazionali nordiche arrivano esauste agli appuntamenti fondamentali. Poche alternative e CT poco furbi in alcuni casi. Sempre gli stessi 11 in campo anche quando non necessario.

Ho 30 anni, non metterei la mano sul fuoco per una Nazionale nordica capace di vincere un Europeo o un Mondiale nei prossimi 30. Mi piace immaginare che una tra Norvegia o Danimarca ci riuscisse con la prossima generazione che sento un po’ figlia della pagina, ma poi penso al Belgio che oltre che molto talentuoso era anche abbastanza compatto e torno sulla Terra”.

Il rapporto tra l’Ajax e la Danimarca

Ricordate che l’Ajax, qualche anno fa, era una sorta di colonia danese con i vari Eriksen, Schone e Dolberg?: “Merito dell’illuminato John Steen Olsen. Un maestro per chi come me si occupa di scouting.L’Olanda come dici giustamente tu, ma anche Paesi come Belgio e da poco Austria, per me sono tappe che dovrebbero essere quasi obbligate per i calciatori nordici. Volendo allargare anche agli altri Paesi, anche Ibrahimovic ha beneficiato del suo periodo all’Ajax ad esempio. Haaland della sua tappa in Austria.

L’Eredivisie ha sicuramente contribuito a migliorare questi ragazzi. Andare in un campionato con più pressione, più rapido, con allenamenti diversi rispetto a quelli del Nord Europa e con un impatto culturale facile da digerire, credo che sia il modo migliore per approcciarsi poi ai top campionati. Un paio di anni fa mi capitò di avere una bella discussione con Morten Thorsby durante l’intervista che mi rilasciò e mi confermava ognuno di questi aspetti”.

Dalla Scandinavia alla Bundesliga

Perché numerosi calciatori scandinavi decidono di scegliere come prima tappa la Germania?: “Il sogno di ogni calciatore scandinavo è di giocare in Premier League, ma la Bundesliga è un ottimo compromesso perché è un campionato di altissimo livello ed al tempo stesso, come dicevo prima, da un punto di vista climatico e culturale, è molto più simile a casa, rispetto a Paesi come Italia o Spagna.

Adesso i club italiani si stanno interessando molto ai calciatori nordici perché non avendo budget importanti, hanno capito che possono avere ragazzi ben strutturati fisicamente, a prezzi modesti e soprattutto calciatori disciplinati. Anche per questo li preferiscono agli stessi ragazzi italiani.Però se ci pensi, vedere un calciatore nordico fare benissimo in Spagna, è piuttosto raro. I club si interessano a loro in maniera relativa o magari li prendono quando sono già formati, ma in un certo senso è come se questa relazione Spagna – Nord Europa, non funzioni benissimo. Probabilmente si è troppo diversi sia per gioco che per cultura ed abitudini”.

Capitolo “giovani allenatori”

Anche in terra scandinava ci sono diversi allenatori emergenti, giovani, che sognano il grande salto: “Per quanto riguarda i giovani, ad oggi non scommetterei su nessuno in particolare sinceramente ma un tecnico che vorrei vedere all’estero c’è. Parlo di Kjetil Knutsen del Bodø/Glimt. Non capisco se sia un genio o se ha solo trovato la formula perfetta a Bodø. Sono davvero curioso.Il sogno però sarebbe di vederlo alla guida della Nazionale norvegese”.

Un tuffo nel passato..

Tanti anni fa il Goteborg, poi Rosenborg, Copenaghen e adesso la favola Bodo Glimt che è temuta e rispettata da tutti: “Sono epoche diverse, contesti diversi, storie e disponibilità economiche diverse. Ho difficoltà a trovare dei punti in comune. Se proprio devo trovarne uno, mi viene in mente il “senso di appartenenza“. In quelle squadre ci sono sempre stati tanti giocatori della stessa nazionalità del club ed in alcuni casi addirittura della stessa città.Parlando del Glimt ad esempio avevi ed hai tuttora, Bjørkan nato a Bodø e figlio del direttore sportivo, Berg nato a Bodøcon padre, zio e nonno leggende del club, avevi anche Hauge altro figlio di Bodø. 

Insomma, lottare per una maglia e per un pubblico che conosci bene. Lottare per fare felice i tuoi concittadini. Credo che questo sia il sentimento che può accomunare le squadre che hai citato”.

La favola Bodo Glimt

Il Bodo Glimt non è più una sorpresa. Chiedere a Milan e Roma cosa significa affrontare i norvegesi: “Il Bodø/Glimt è un miracolo di organizzazione. Pochi anni fa era in seconda divisione, in pochissimo tempo ha vinto la prima Eliteserien della sua storia e ci ha regalato sfide europee indimenticabili con club importanti come Milan, Roma, Celtic, AZ e tanti altri. Le risorse economiche erano minime. Dopo qualche cessione importanti, i soldi sono andati praticamente tutti nel progetto stadio. Ad oggi vige la regola del sostituire ruolo per ruolo. Senza mai strafare e con un margine di errore minimo a disposizione.

Penso al centravanti. Con Junker si è vinto il campionato, con Botheim si è vinto il campionato, nell’anno in cui punti su Boniface ed Espejord hai faticato tanto. Soprattutto puntare su Espejord è stato davvero un azzardo. Senza nulla togliere ad un Molde stratosferico in patria che ha assolutamente meritato il titolo.

Il Glimt come detto prima, punta molto sul territorio. Quella che una volta era una sfortuna, adesso è diventata una fortuna. Una volta il Nord-Norge era considerata una realtà calcistica isolata. Troppo lontano dal ricco Sud. Adesso però al Sud la concorrenza è spietata mentre tutti i talenti che nascono al Nord si dividono solo tra Bodø/Glimt e Tromsø. Questo consente infatti ai due club di avere settori giovanili di importanza rilevante”.

Intervista a cura di Gerardo Guariglia

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