Iniziato nel 1851 e pubblicato per la prima volta a puntate, sulla “Rivista di Parigi” Madame Bovary uscirà in volume nel 1857. Il romanzo, a causa della tematica dell’adulterio procura a Flaubert un processo per offesa alla morale. La storia trae spunto da un episodio reale: un giovane medico Eugène Delamare rimasto vedovo, sposa Delphine figlia di un contadino normanno. La donna però, stanca della vita di provincia, inizia a pentirsi della sua decisione. Subentra alla noia, il disprezzo che nutre nei riguardi di suo marito. Questa condizione di frustrazione e delusione la spingono a desiderare altro, dai gioielli, agli abiti alla moda, a nuove relazioni. Travolta dai debiti, Delphine si uccide ad appena ventisette anni. Divenuto vedovo per la seconda volta, Eugène ormai depresso, si uccide.
Sulla traccia di questo scheletro appartenente al mondo del reale, Flaubert tesse la trama della sua narrazione fatta di carta e inchiostro, che hanno reso il suo romanzo una espressione del mondo moderno.
Lo stesso autore definisce il suo romanzo “un libro sul nulla”. Questa opera mette in scena una rappresentazione della vita degli uomini intorno al XIX secolo quando, la fede nel progresso e la nuova ideologia borghese prendono piede nella vita quotidiana.
Nell’Introduzione di Madame Bovary edita da Feltrinelli, scritta da Roberto Speziale-Bagliacca (docente di psichiatria alla Facoltà di Medicina di Genova) viene ribadita l’importanza di portare alla luce, una attenta analisi sulla figura di Charles Bovary marito di Emma, che è sempre stata al centro dell’interesse dei lettori e dei critici. Non è un caso, infatti se lo stesso Flaubert apre il suo romanzo dedicandogli ben cinque capitoli, prima di introdurre, in quello successivo, Emma. Secondo l’analisi di Speziale-Bagliacca, per comprendere a pieno l’essenza di questo personaggio è opportuno cessare di vedere Charles Bovary, come una vittima passiva e ignara. L’uomo è la piena raffigurazione del masochista.
I masochisti sono individui che non hanno mai avuto uno spazio nel quale esprimere la loro furia, e sono stati costretti a reprimerla. Questa rabbia continua a ribollire a livello inconscio, spingendo coloro i quali ne sono affetti a nutrire sentimenti di distruzione e demolizione specie nei confronti delle persone che amano.
Per questo, a dominarli è un impulso di stampo sadico, esito di un meccanismo di difesa.
Charles nutre nei riguardi di Emma, sua moglie, un sentimento dominato dall’odio e dall’amore.
A livello inconscio è lui a tenere in pugno la giovane donna, nella quale crescono i sensi di colpa, per le bugie e i tradimenti che sta infliggendo al marito, “quel poveraccio che l’amava tanto”.
Flaubert in più occasioni lascia intuire che l’uomo sia a conoscenza dell’atteggiamento adulterino della moglie, e tenda a trafiggerla, gettandola in preda ai rimorsi.
Esempio vivido di questa tesi viene espresso quando Charles dice a Emma: “Non vedremo molto presto il signor Rodolphe (l’amante), a quanto pare”. E ancora, quando lo stesso Rodolphe rifiuta la fuga amorosa con la donna e passa con il suo tilbury blu sulla piazza. Emma alla vista di quel carro grida e cade a terra.
Non appena rinviene, Charles le dice:” Parla! Parla! dicci qualcosa! Mi riconosci? Guarda, ecco la tua bambina: prendila tra le braccia!”. Con queste parole vorrebbe quasi ricordare alla moglie, chi è davvero la sua famiglia, quali sono le sole persone che dovrebbe amare.
Ora, sulla scia di questi brevissimi e semplicistici passi presi in rassegna, si osserverà come l’uomo nel corso dell’intero romanzo spingerebbe Emma tra le braccia degli amanti. Ciò, denota un rapporto di natura sadomasochista anche se inconscio. Punto nodale, sul quale Flaubert vuole giocare per mettere in luce come entrambi siano vittima e carnefice allo stesso tempo. Rammarico di Charles ci sarà proprio nel momento della morte di Emma, che si è avvelenata a causa dei numerosi debiti che ha contratto.
Egli guarda per l’ultima volta sua moglie, con gli occhi pieni di tenerezza, dicendole di non piangere, perché presto smetterà di tormentarla.
Insomma, la grandezza di questo romanzo risiede nelle numerose sfaccettature di cui, ogni singolo personaggio può arricchirsi nel corso dei secoli incontrando ulteriori analisi e riflessioni.
Un rapporto tanto intricato e complesso da gettare sul lettore molti punti di domanda. Una cosa però è certa, come diceva Auerbach: “Nessuno mai vorrà definire Madame Bovary un romanzo d’amore”.
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