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Questa mattina, YouTrend un magazine specializzato nella realizzazione di sondaggi e nel monitoraggio dei trend social ha pubblicato un’interessantissima grafica.

In Italia si parla più dello spot pubblicitario dell’Esselunga, che della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF). Ricordiamo che l’ultima è un passaggio fondamentale per la realizzazione della più grande manovra economica che ogni anno gli organi legislativi sono chiamati a realizzare: la finanziaria.

A questo punto verrebbe da chiedersi se davvero sia questo quello che vogliamo sentire, se sia più importante una polemica su uno spot pubblicitario che una delle più importanti manovre politiche della vita economica del Paese. Questo è un quesito che dovrebbe porsi soprattutto chi fa informazione o meglio dovrebbe farla. Con queste premesse è normalissimo, poi, vedere che la fiducia per quello che è un componente fondamentale per le democrazie: i giornalisti è a livelli pericolosamente bassi.

Secondo un’indagine del 2018 condotta dall’Università dell’Insubria il livello di fiducia nei giornalisti è inferiore a quello nei parrucchieri.

Il motivo di questo è presto detto, infatti, sempre l’articolo qui citato dell’AGI riporta come il motivo di questa bassissima fiducia è soprattutto dovuto alla spettacolarizzazione di ogni cosa, pur di ottenere qualche click.

Forse è proprio questa digitalizzazione forzata e la ricerca del click facile (e quindi dei soldi facili) a spingere sempre di più le notizie in questo senso. Infatti, la digitalizzazione porta ad uno spazio teoricamente infinito per poter pubblicare notizie, al contario di quanto succede con i giornali cartacei, che devono selezionare le notizie più importanti da stampare. La progressiva scomparsa del giornalismo d’inchiesta è un altro sintomo di questa malattia e quindi, a questo punto una domanda sorge spontanea: “Un giornalista che non fa informazione a cosa serve?”, “A nulla!” direbbe qualcuno.

In realtà, il giornalismo dovrebbe essere una delle basi fondanti della democrazia, un muro contro cui le bugie e le falsità dovrebbero andarsi a schiantare e un barlume di verità nell’oscurità delle falsità che leggiamo ogni giorno. Eppure, sempre di più, si sta passando alla commercializzazione della “notizia” e quello che un tempo doveva essere un barlume, si sta traformando sempre più in un cerino morente.

Non fraintendiamoci, il giornalismo di qualità esiste ancora e noi italiani abbiamo una storia importante, verrebbe in mente per esempio la grande Oriana Fallaci oppure Riccardo Erhrman per citarne un paio.

Per ritrovare la fiducia delle persone bisogna tornare a fare informazione e non mero, spicciolo intrattenimento, per quello abbiamo già i social e non abbiamo certo bisogno che anche i giornali si trasformino in piattaforme social per ricercare voracemente quanti più click possibili. A questo punto è necessario tornare a parlare al cervello delle persone e non cercare di riempirgli la pancia con questo tipo di contenuti.

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