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Opinioni contrastanti quelle riguardanti la nuova legislazione europea sulla protezione dei dati. Secondo le aziende e le Big Tech, questo nuovo pacchetto legislativo approvato lo scorso mercoledì, potrebbe portare ad una diminuzione nel flusso dei dati e alla lesione di libertà contrattuali. Dall’altra parte, un gruppo pan-europeo per la protezione dei consumatori dice che queste nuove norme non fanno quasi nulla per proteggere noi europei.

Il Data Act, così chiamato questo pacchetto legislativo, legifera sull’utilizzo dei dati raccolti sui cittadini e sulle aziende europee e ne regola l’accesso. In particolar modo si concentra su quelli raccolti tramite dispositivi intelligenti, macchinari e prodotti per i consumatori in generale.

Questa ondata di legislazioni europee (iniziata col famosissimo GDPR entrato in vigore nel 2016 n.d.r.), come ricorda Reuters, è parita quando nel 2013, l’ex esperto della CIA Edward Snowden, ha rivelato l’esistenza di una massiva sorveglianza da parte degli Stati Uniti d’America.

L’Organizzazione dei Consumatori Europei (BEUC), per voce della vice-direttrice generale Ursula Pachl, lamenta il fatto che non si sia fatto abbastanza per i consumatori, dando troppa libertà di manovra alle aziende.

In praticolare “L’UE ha dato troppa flessibilità alle aziende che potranno impedire agli utenti di spostare i propri dati da un fornitore di servizi ad un altro sulla base, per esempio, che si tratti di segreti commerciali”. Essenzialmente dicendo che le aziende potranno dichiarare dei dati raccolti riguardanti degli utenti, come dei segreti commerciali e quindi impedendo di fatto agli utenti di disporne come vorrebbero.

Le lamentele da parte dei gruppi di lobbying riguardano soprattutto l’impossibilità per le grosse aziende dell’industria, le Big Tech appunto, di usare liberamente i dati da loro raccolti.

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