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Informazione e innovazione saranno due parole d’ordine fondamentali per la ripartenza di un settore che potrebbe trainare la ripresa dell’economia italiana:

Secondo un’analisi Coldiretti presentata alla Borsa internazionale del turismo nel 2018, il cibo è diventato già da qualche anno la principale voce del budget delle vacanze per turisti italiani e stranieri nel nostro Paese. Si spende più per mangiare e per acquistare souvenir enogastronomici che per dormire, per un totale di 26 miliardi su un totale di 75 miliardi di fatturato turistico complessivo annuo. Insomma, si andava a gonfie vele, anche perché con i suoi primati l’Italia è una vera miniera d’oro per i professionisti del settore. Poi è arrivato il Covid.

La pandemia ha strozzato il canale Ho.Re.Ca, ancora oggi in forte difficoltà; ha abbattuto i viaggi domestici e internazionali (-31 per cento e 64 per cento); ha richiesto agli operatori enogastroturistici di tirare fuori nuove risorse e creare un’offerta che arrivasse direttamente a casa. Mentre Russia e Cina stanno già somministrando il vaccino e anche in tutta Europa la distribuzione è iniziata pochi giorni fa, è tempo di ridisegnare una strategia di ripresa, anche perché secondo il 90 per cento dei tour operator italiani la richiesta di esperienze a tema enogastronomico aumenteranno.

Il turismo enogastronomico oggi

Nell’ultimo decennio l’importanza del cibo, del vino, dell’olio, nel turismo è cresciuta. Oggi il 45 per cento degli italiani e il 53 per cento degli stranieri hanno già visitato una destinazione con motivazione primaria l’enogastronomia. Ma non ci si limita più al solo acquisto di prodotti locali o al mangiare piatti tipici del luogo visitato. La platea di attori ed esperienze si è fatta più ampia, andando a comprendere le visite ai luoghi di produzione (cantine, birrifici, frantoi, pastifici), il recarsi in ristoranti gourmet o storici, acquistare cibo di strada, partecipare a cooking class o food tour online, oltre a seguire eventi a tema.

Nonostante la grave crisi che ha colpito il turismo italiano, con un calo dei pernottamenti stimato a -49%, il segmento enogastronomico ha saputo mantenere e accrescere il suo appeal: le prospettive nei prossimi anni sono rosee. Come ha dichiarato la ministra Teresa Bellanova in occasione del Patto di Spello, «l’enogastronomia può e deve essere un asset trainante dello sviluppo del turismo dell’Italia durante e dopo il COVID-19».

A trascinare la crescita del turismo enogastronomico sono stati i Millenial, che anche durante il lockdown hanno trascinato il consumo di contenuti a tema cibo/vino. Data la loro maggiore propensione al rischio, si pensa che viaggeranno anche nell’immediato futuro: per il prossimo anno saranno il target su cui puntare. I super foodie del futuro saranno quelli della generazione Z. Sono i figli dei Millennials, che già oggi mostrano un forte interesse verso questo genere di vacanza: secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2020 il 79 per cento dichiara di viaggiare per vivere esperienze a tema uniche e memorabile. Il web 2.0 influenza i loro desideri: l’80 per cento ha dichiarato di esser stato motivato da video, recensioni o post in rete a visitare una specifica destinazione e/o a partecipare a un’esperienza a tema. Sono viaggiatori eclettici, ma hanno dovuto mettere un freno ai propri progetti a causa della pandemia.

I viaggiatori del gusto

Gli italiani hanno imparato ad amare i viaggi a tema enogastronomico: nel 2016 solo il 21 per cento li faceva. Nel 2019 la percentuale è più che raddoppiata, attestandosi sul 45 per cento. Il 75 per cento di questi viaggi del gusto si è concentrato sull’Italia, l’8 per cento ha portato i viaggiatori all’estero, mentre il 17 per cento ha bilanciato la curiosità tra fuori e dentro i confini patri. Storia e cultura gastronomica sono stati i principali obiettivi di questo tipo di turisti (70 per cento). Il popolo più avido di conoscenza enogastronomica è quello cinese (81 per cento), seguito da quello messicano (73 per cento), statunitense (in leggero calo nel 2020, 46 per cento), britannico (42 per cento) e francese (46 per cento). New entry per il Canada, con il 46 per cento di viaggiatori che ci sono innamorati delle vacanze enogastronomiche.

E poi arriva il Covid

Le esperienze legate al turismo enogastronomiche programmate per il 2020 sono state congelate: la pandemia ha preso il sopravvento. Secondo le stime delle entrate turistiche per le cantine raccolte da Roberta Garibaldi con il Wine Tourism International Think Thank la percentuale di perdita sul fatturato tra gennaio ed agostoo 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è stata superiore al 31 per cento per la maggior parte degli attori dei servizi enogastroturistici, mentre le stime delle perdite per la totalità delle attività aziendali si sono attestate attorno al 22 per cento. Secondo i dati del Tourism Economics per ENIT (2020) i viaggi sono calati complessivamente del 49 per cento, con un crollo del 64 per cento delle presenze internazionali e del 31 per cento per quelle nazionali. Si prevede una contrazione di queste perdite nel 2021, con una prima ripresa trainata dal turismo domestico nel 2022.

«Un’infinità di tipologie di aziende sono state colpite dalla pandemia – spiega Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management ed esperta di turismo enogastronoomico – Nel 2020 c’è stata una grande sofferenza su tantissimi fronti, dagli eventi alle cantine, che vedono una contrazione del flusso enoturistico e una diminuzione degli occupati nel settore».

Il viaggio enogastronomico inizia da casa, dal desiderio di saperne di più su un cibo particolare o su una cultura gastronomica specifica. «Durante il lockdown i contenuti sull’enogastronomia sono stati quelli più fruiti, soprattutto online. Le degustazioni digitali sono state implementate nel corso dei mesi: sono diventate più numerose, piacevoli e coinvolgenti. Nei prossimi mesi si potrebbe lavorare un po’ più sullo storytelling e sul livello qualitativo delle proposte». Sarà questo il motore primario che muoverà i viaggi del 2021.

Per compensare le perdite ogni attore enogastroturistico ha cercato di mettere in campo risorse creative per restare a galla. Ciò che ha pagato di più sono le vendite online, seguite dal delivery e dai voucher legati a future visite in azienda. Le degustazioni virtuali hanno premiato gli sforzi di ogni settore, mentre le cantine hanno investito molto nei wine club, un modello di marketing rivolto a valorizzare il turismo locale.

Pizza, wine club e fantasia

L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare la vera star del turismo enogastronomico nei prossimi anni. È prima per numero di produzioni certificate (825), per beni Unesco e città creative legate all’enogastronomia (8), per numero di aziende con produzione di uva e olive (rispettivamente 264.451 e 646.326), per numero di imprese di ristorazione (283.521). È seconda in Europa per numero di ristoranti stellati (374) e quarta per numero di microbirrifici sul territorio (692).

Secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2020 la pizza potrebbe essere un grande driver per l’enoturismo italiano. «È una delle parole più citate dai viaggiatori stranieri. A livello turistico è valorizzata, ma non appieno. Se andiamo a guardare le esperienze legate a questo piatto negli Stati Uniti, scopriremo che ci sono quattro musei della pizza, tantissime experience di degustazione, ma anche corsi per imparare a fare la pizza. Rispetto all’Italia, sembra che la pizza sia maggiormente valorizzata all’estero». Oltre a uno dei nostri piatti più famosi, una leva turistica importante saranno i food truck di qualità, ricercati dai viaggiatori stranieri per godere i piaceri della tavola all’aperto. «Sarà poi l’evolversi della pandemia a dettare le regole della fruizione».

l ruolo del Recovery Fund

Il Recovery Fund potrebbe avere un ruolo chiave anche nel turismo enogastronomico, ma solo se ci sarà una strategia precisa per la distribuzione dei fondi. «Le risorse devono essere finalizzate allo sviluppo del settore. Considerando la crescita del ruolo dell’enogastronomia nel turismo e sapendo quali sono i punti di debolezza finora riscontrati, bisogna favorire la digitalizzazione, la filiera corta e l’informazione, favorire il turismo verso i produttori, favorire l’hospitality management, lavorare per avere una formazione più solida sul settore, per sviluppare maggiori competenze anche nello storytelling e analisi dei dati».

Sfida oleoturismo: a che punto siamo?

Al momento la legge sull’oleoturismo non è ancora operativa: mancano i decreti attuativi. Ma Garibaldi è ottimista sul tema, grazie alla sottoscrizione del Patto di Spello, con cui la ministra Teresa Bellanova ha lanciato l’intenzione di creare un tavolo permanente sul turismo enogastronomico.

Il Patto di Spello è un accordo tra le quattro più importanti organizzazioni italiane che si occupano di turismo enogastronomico: Città del Vino, Città dell’Olio, Movimento Turismo del Vino e dell’Olio e Federazione Italiana delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori. Il nome nasce dal borgo medievale ad alta vocazione olivicola, in Umbria, culla di eccellenze agroalimentari, dove l’incontro per la ratifica del Patto avrebbe dovuto tenersi. La sinergia tra questi attori è stata fortemente voluta a seguito della recente emanazione della legge sull’enoturismo e sull’oleoturismo, con il fine di dare un contributo in termini di strategie, progettualità e idee per il futuro dell’eno-oleoturismo del nostro Paese e di individuare terreni comuni tra i vari organismi ed alimentare un dialogo propositivo con la filiera istituzionale (governo nazionale, regioni ed Enti locali).

Parlando del Patto di Spello, la ministra Bellanova ha detto: «Rafforzare, far crescere e qualificare l’offerta eno/oleo/agroturistica in Italia, è il nostro obiettivo comune, affinché l’eno-oleoturismo siano motore di un nuovo sviluppo, fondato su parole chiave come sostenibilità, etica, salvaguardia dei paesaggi rurali, innovazione tecnologica e unicità dei territori e delle vocazioni».

Il futuro del turismo enogastronomico

Il turismo enogastronomico è cresciuto costantemente negli ultimi anni e asseconda le esigenze di una nuova generazione turistica. Ha un impatto positivo sull’economia, l’occupazione e sul patrimonio locale: in questo momento storico può essere un importante motore di ripartenza. A livello locale, il turismo enogastronomico permette di rivalutare i saperi e la cultura del luogo, oltre alle aziende a conduzione familiare che presidiano e tutelano il territorio. La percezione di una destinazione ne guadagna (sostenendo spese contenute). Inoltre, le esperienze legate al cibo e al vino destagionalizza le presenze sul territorio e diversifica le economie rurali, tutela il paesaggio e attrae turisti con una maggiore propensione alla spesa, che viaggia alla ricerca di prodotti di alta qualità. Di tutto questo bisognerà tenere conto quando sarà il momento di ripartire a pieno regime.

Russia e Gran Bretagna hanno iniziato a vaccinare contro il Covid-19. A gennaio si inizierà anche in Europa ed entro la primavera si spera che si possa completare la copertura. «Questo ci fa sperare che il 2021 possa essere un anno positivo, in cui la stagione estiva dovrà essere un momento importante. Prima di allora, è necessario continuare a mantenere il contatto, non abbandonare la propria clientela, continuare a comunicare».

«Quello che farà la differenza nel prossimo futuro sarà l’accento posto sulla sicurezza delle esperienze, con visite all’aperto, garanzia di distanziamento e protezione attraverso l’uso dei dispositivi individuali. Bisognerà differenziarsi, creando relazioni con il turista locale, prodotti ad hoc per i clienti più fedeli. È cambiato il target e il profilo di riferimento: il turista domestico è tornato al centro della scena. Va tenuto in considerazione anche il tema prezzo, che dovrà essere messo in relazione con l’andamento della crisi economica».

Sostenibilità e autenticità saranno tre fattori chiave del turismo enogastronomico nel 2021, ma sarà l’innovazione a fare la differenza. «Saranno necessari nuovi prodotti, nuove offerte sia per questi mesi ancora complessi sia per la stagione successiva. In primo luogo, bisognerà creare e offrire esperienze che includano e valorizzino la cultura locale. Ci dovrà essere una diversificazione dell’offerta. I visitatori dovranno essere chiamati a partecipare attivamente, aspetto che si lega anche alla creazione di relazioni dirette con i proprio clienti (ad esempio, attraverso i wine club). Le esperienze dovranno essere sostenibili e prenotabili online».

Nel prossimo anno i turisti enogastronomici italiani e stranieri si muoveranno di più in macchina, privilegiando viaggi di coppia o di famiglia. La voglia di tornare a spostarsi è tanta, ma ancora più forte sarà la voglia di recuperare il tempo perduto. «Quel viaggio di compleanno tanto atteso e poi rimandato, il regalo di laurea, la luna di miele all’estero e la ricerca della gioia nelle piccole cose, nella natura, nel wellbeing: saranno tutte leve importantissime a cui fare attenzione».

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