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Il 21 febbraio del 1632, per i tipi della Tipografia Landini, a Firenze, Galileo Galilei pubblicò il Dialogo de’ due Massimi Sistemi Tolemaico e Copernicano. Già 16 anni prima Galileo aveva scritto un’opera riguardante il flusso delle maree, dal cui contenuto si evinceva chiaramente che lo stesso flusso dimostrava che vi potesse essere un moto della terra. Ma lo scienziato era molto titubante nell’esternare le sue teorie, anche perché proprio nel 1616 il Sant’Uffizio aveva messo al bando la Teoria Copernicana e allo stesso Galilei era stato imposto di svolgere attività d’insegnamento sulle teorie vietate solo come mero esercizio matematico, “ex suppositione”. Ma un po’ di anni erano passati e il nuovo papa Urbano VIII aveva mostrato simpatia, se non addirittura apprezzamento, per il genio dello scienziato fiorentino, che aveva ricevuto in Vaticano, rivolgendogli lodi e onori in una lettera spedita al Granduca di Toscana Ferdinando II nella quale lo definiva “diletto figlio Galileo… la cui fama splende in cielo e corre la terra”. La situazione non era di facile inquadramento, lo scienziato fiorentino sentiva forte la spinta dell’uomo genio e ricercatore che lo induceva a spiegare, divulgare, proporre e difendere le sue tesi, ma vi era senz’altro anche la dimensione dell’uomo di fede, autentica e mai sopita, forte, radicata ora più che mai. E ciò sino alla sua fine, avvenuta il giorno 8 gennaio 1642 nella sua residenza a Firenze, nella zona di Arcetri. Papa Giovanni Paolo II nell’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze del  31 ottobre 1992 affermava: Se la cultura contemporanea è segnata da una tendenza allo scientismo, l’orizzonte culturale dell’epoca di Galileo era unitario e recava l’impronta di una formazione filosofica particolare. Questo carattere unitario della cultura, che è in sé positivo e auspicabile ancor oggi, fu una delle cause della condanna di Galileo. La maggioranza dei teologi non percepiva la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpretazione, il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica. … Galileo, che ha praticamente inventato il metodo sperimentale, aveva compreso, grazie alla sua intuizione di fisico geniale e appoggiandosi a diversi argomenti, perché mai soltanto il sole potesse avere funzione di centro del mondo, così come allora era conosciuto, cioè come sistema planetario…. L’errore dei teologi del tempo, nel sostenere la centralità della terra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della S. Scrittura. Ecco l’errore dei teologi di allora spiegato da un papa ora santo. Così prevalse, alla fine, il Galileo Galilei uomo di fede, che tenne stretto a sé il rapporto con il suo Dio, pur non rinnegando in cuor suo ciò che la coscienza e l’intelligenza, alitati dai fatti della Creazione, gli avevano permesso di scoprire. L’astronomo, matematico, docente universitario, filosofo, firmava la sua abiura al cospetto della Santa Inquisizione il 22 giugno 1633. Bertolt Brecht pubblicò nel 1939 la prima versione della sua famosissima opera teatrale Vita di Galileo. Vi furono vari rimaneggiamenti e versioni del lavoro fino al 1956, ma sostanzialmente l’impianto generale restò lo stesso ed è riferito non a tutta la vita del celebre scienziato, ma alla parte che riguarda gli studi sulla teoria copernicana. Vi è una scena in cui Galileo e un suo caro amico, Sagredo, si trovano a Padova nello studio che funge da osservatorio astronomico, è notte ed i due sono avvolti in pesanti mantelli e scrutano il cielo con la grande invenzione del telescopio, osservando la Luna. Ne segue un suggestivo dialogo, che evoca anche altri eventi storici recenti e che mostra alla fine il genio e la brillante intuizione, con tutta l’eccitazione che ciò comportava, del grande fisico, e quanto siano state grandi la sua scelta e la sua fede nel rinunciare a tutto ciò che era per ogni logica ragione. SAGREDO-Il bordo esterno della falce è tutto seghettato, irregolare, scabro. Sulla parte buia, vicino alla fascia chiara, si vedono dei punti luminosi. Uno dopo l’altro, emergono dall’oscurità. Da quei punti s’irradia la luce, invadendo zone sempre più vaste, che vanno a confluire nel resto della parte chiara. GALILEO-Come spieghi quei punti luminosi? SAGREDO-Non può essere. GALILEO-Come, non può essere? Sono montagne. SAGREDO-Montagne su un astro? GALILEO-Montagne altissime. E le loro cime ricevono i primi raggi del sole nascente, mentre le pendici sono ancora nell’oscurità. Tu vedi la luce del sole scendere man mano dalle cime verso le vallate. SAGREDO-Ma questo contraddice a tutti gli insegnamenti d’astronomia da duemila anni in qua. GALILEO-Sì. Quello che hai visto ora, non è mai stato visto da nessuno all’infuori di me. Tu sei il secondo. SAGREDO-Ma la luna non può essere una terra con monti e valli come la nostra, allo stesso modo che la terra non può essere una luna. GALILEO-La luna può essere una terra con monti e valli, e la terra può essere una luna. Un qualunque corpo celeste, uno tra migliaia. Guarda ancora. La parte in oscurità, la vedi proprio tutta buia? SAGREDO-No. Adesso che la guardo con attenzione, vedo che è soffusa di un lieve chiarore grigiastro. GALILEO-E che luce può essere? SAGREDO-? GALILEO-La luce della terra. SAGREDO-È assurdo! Come può mandar luce la terra, con le sue montagne e i boschi e le acque? La terra, un corpo freddo! GALILEO-Allo stesso modo che manda luce la luna. Perché tutt’e due sono astri illuminati dal sole: per questo risplendono. Così come la luna appare a noi, noi appariamo alla luna. Dalla luna, la terra si vede a volte in forma di falce, a volte di emisfero, a volte di sfera intera, e a volte, infine, non si vede affatto. SAGREDO-Dunque, fra la terra e la luna non ci sarebbe alcuna differenza? GALILEO-Evidentemente no. SAGREDO-Meno di dieci anni fa, a Roma, un uomo salì sul rogo. Si chiamava Giordano Bruno ed aveva affermato esattamente la stessa cosa. GALILEO-Certo. E noi ora lo vediamo. Non staccare l’occhio dal telescopio, Sagredo. Quello che stai vedendo, è che non esiste differenza tra il cielo e la terra. Oggi, 10 gennaio 1610, l’umanità scrive nel suo diario: abolito il cielo! SAGREDO-È spaventoso. GALILEO-Ho fatto un’altra scoperta, forse ancor più strabiliante.

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