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Corro sull’asfalto, a piedi nudi. Fa caldo, sento una sensazione nuova prendermi dentro. Un’energia soffocata che parte dal basso e mi avvolge, mi stritola.

Non posso urlare, mi stringe. Un’ombra nera mi avvolge e avverto solo tanta paura. Non voglio perdere il controllo, non voglio lasciarmi andare.

Mi costerà molto farlo. Sarò costretta a raccogliere i pezzi di me, a ricostituirmi di nuovo. Avrò sembianze mai viste, ma ci saranno altre cicatrici.

Se solo tu sapessi il peso che mi trascino dentro da quando ne ho memoria. Questo mio sentire e vedere oltre, mi sta dilaniando e non ho le forze di oppormi al destino che è ineluttabile. Sono una mina vagante, un’ inetta.

Ho ingenuamente creduto che aggrapparmi a te mi avrebbe salvato, ma tu non puoi essere la mia salvezza e del resto, non lo sei mai stato.

Ho solo me. In questo flusso labile e precario di lacci che si intrecciano e sciolgono con semplicità, oggi scelgo la solitudine e il silenzio.

Così tanto da dire, da sollevare e trattenere.

Esplodo dietro atti mancati, lacrime notturne, silenzi che parlano.

Non mi basti più, non mi basto più.

Negazione di tutto, quando forse dovrei solo provare ad accogliere.

Ma dove è il mio spazio? Quando la mia sosta? Dove la mia panchina?

Pensieri sciocchi, sordi, volate via da me.

Continuo a correre sull’asfalto, a piedi nudi. Fa caldo e avverto una sensazione nuova avvolgermi le membra.

Sono caduta, anche se non volevo, anche se temevo capitasse e ora, non posso far altro che aspettare.

Da terra, la vista del cielo è così intensa.

Prima d’ora non l’avevo notato.

Foto presa dal Web

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