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Ambientato nell’America degli anni Cinquanta, con Il giovane Holden, Salinger dipinge il ritratto di una società che sotto il velo del perbenismo nasconde le sue inquietudini.  Sono per la vincitrice del secondo conflitto mondiale, gli anni del consumismo, del lusso, del benessere. L’American Dream, ora conta su un diffuso processo di standardizzazione e omologazione dei costumi nazionali, sostenuto da Baby Boom. La notevole crescita demografica e l’aumento del Welfare contribuiscono alla ricerca della perfetta famiglia americana. Dopo la morte di F.D. Roosevelt venne nominato Harry S. Truman nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. L’amministrazione Truman perseguì una politica estera internazionalista, rinunciando all’isolazionismo. Sono gli anni della guerra fredda, della legittimazione del concetto di sessualità fluida a opera del dottor Alfred Kinsey, Da qui all’eternità è il libro vincitore del premio National Book Award, l’America è ancora una terra di conservatori.

Il modello vincente, bianco, protestante e patriarcale nasconde le sue paure.

Nella narrazione di Salinger, il mondo degli adulti che ruotano attorno Holden, è tolemaico, immobile, fisso. Questo spinge il protagonista a rifugiarsi nella sfera del passato e dell’infanzia l’unica vera opposizione pensabile.

La narrazione si apre con una sorta di lascito testamentario dove fin dal principio Holden dichiara le sue intenzioni, ma soprattutto la sua posizione. Non dirà dove è nato, come è stata la sua infanzia, cosa facessero i suoi genitori prima del suo arrivo, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield.

Questo tipo di informazioni sono per lui inutili e noiose e poi, raccontare qualcosa di troppo personale sul conto dei suoi genitori potrebbe procurargli un paio di infarti per uno. Dirà solo le cose da matti, che gli sono capitate verso Natale, prima di ritrovarsi così a pezzi.

Espulso dalla Pencey, una scuola sita a Agerstown, in Pennsylvania, Holden decide di fuggire e andare a New York, dove trascorre diversi giorni facendo nuove esperienze e conoscenze, cercando di stabilire vanamente un contatto con le persone che incontra. Solo la sorellina Phoebe riesce a tessere con lui un dialogo sincero, solo lei riuscirà a convincerlo a tornare a casa.

Holden Caulfield è solo un sedicenne proveniente da una famiglia benestante che si sente perso, deluso e scoraggiato. Il mondo degli adulti, dei vari personaggi che incontra lungo il suo cammino non fanno altro che aumentare questo divario tra lui e la società. La morte del fratello minore  Allie a causa di una leucemia è una ferita ancora da sanare. Di lui, Holden conserva gelosamente il guantone da baseball sul quale Allie aveva scritto con inchiostro verde alcune poesie. Allie era il più buono e intelligente della famiglia, non si arrabbiava mai con nessuno e alle volte a cena rideva così forte, per qualcosa che gli veniva in mente, che per poco non si ribaltava dalla sedia.

Il dolore per la sua perdita si tramutò in rabbia e la notte della morte, Holden ruppe con i pugni i vetri del garage dove aveva dormito per non stare in casa. 

Salinger tratteggia con la sua penna i lineamenti di un “giovane disadattato” che non riesce a riconoscersi nella società conformista, bigotta e classista. Holden riconosce la sua posizione di emarginato e lo esprime anche quando il professor Spencer gli dice che la vita è una partita, che va giocata secondo le regole. È una partita se stai dalla parte di quelli forti, allora sì, te lo concedo. Ma se stai dall’altra parte, dove di fronte non c’è nessuno, che razza di partita è? Non lo è. Non c’è gara.

Ha già scelto da che parte stare e secondo quali ideali vivere, ma agli occhi degli altri è solo un folle e un pazzo. Holden è nella terra di mezzo, nella terra di nessuno. Holden è tra le nuvole, lontano dal marcio, dalle convinzioni, dalle ipocrisie. Vicino alla sensibilità, alla genuinità e al dolore.

Quando prende di nuovo il taxi per dirigersi all’Ernie’s, chiede al tassista Horwitz dove vadano le anatre quando arriva l’inverno, ma l’uomo non sa rispondere, certe stupidaggini non gli interessano.

Eppure, poco dopo, incuriosito da quella domanda è proprio lui a riprendere il discorso, questa volta a proposito della sorte dei pesci d’inverno, nel lago di Central Park South.

…Si è girato di nuovo indietro e mi ha detto: – I pesci. Loro non vanno da nessuna parte. Restano dove sono, i pesci. In quell’accidente di lago.

… E allora cosa fanno i pesci, quando quel lago diventa un blocco di ghiaccio compatto, con la gente che ci pattina sopra e tutto quanto?

Horwitz si è girato di nuovo. – Ma che diavolo vuol dire, cosa fanno? – mi sbraita. – Cristo, se ne stanno dove sono.Ma non possono far finta che il ghiaccio non ci sia. Mica possono far finta di niente.

… I pesci ci vivono, in quel cazzo di ghiaccio. È la loro natura, Cristo. Rimangono congelati nella stessa posizione per tutto l’inverno.

… È la loro natura, Cristo. Capisci che voglio dire?

Horwitz si è già perfettamente integrato nella sua forma, Holden cerca di opporsi, di mantenere la sua fluidità. Il ghiaccio non fa per lui, non è uno stato che gli appartiene.

Non gli interessa nulla del mondo degli adulti, della loro recita quotidiana, del loro apparire.

Lui vuole fare l’acchiappabamini del campo di segale. Prendere i bambini prima che si avvicinino troppo al precipizio. Prima che il vortice dell’età adulta li trasformi in esseri omologati e in serie. Tutti uguali, spenti, prima che diventino dei sopravvissuti, e perdano quel candore, quella semplicità e innocenza.

Non farei altro tutto il giorno. Sarei l’acchiappabambini del campo. So che è da pazzi, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe fare davvero. Lo so che è da pazzi.

Non è un caso se l’unica ancora di salvezza sarà per il giovane protagonista la sorellina minore Phoebe e non l’incontro o il dialogo con un genitore, una figura adulta. Loro non hanno nulla da insegnare o da dire ad Holden. Sono solo un casino.

E in questo rigido scompiglio che si chiude la sua narrazione. Insicuro su ciò che ha appena raccontato, quasi dispiaciuto Holden esprime una sorta di nostalgica visione per tutto ciò che ha vissuto e per le persone di cui ha parlato. Raccontare resta forse l’unica forma di salvezza, l’unica forma possibile di contatto con la società.

Holden rivendica la sua infanzia, unico stato di grazia, di contatto sincero con la realtà.

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