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Esistono vini e vini, classificabili in bianchi e rossi o brutti e belli, e poi ci sono alcuni che hanno letteralmente un valore aggiunto.. ebbene si, non è allegoria!

I “fortificati” sono una categoria di vini che si distinguono per l’incremento al loro interno del contenuto alcolico, ottenuto o attraverso l’aggiunta di alcol o da aggiunta di distillato.

Questo chiacchierare ci porterà a intraprendere un sensazionale viaggio enologico che parte dalle isole alla Penisola Iberica.. pronti?

Lo sbandieramento al Via lo affranchiamo alla Spagna, con il raffinato Sherry; D’impatto voi mi direte: ma siamo in Spagna e il vino ha un appellativo non spagnolo? L’osservazione sarà vispa e la motivazione dovrà essere limpida! Sherry è il nome inglese con il quale è conosciuto il vino fortificato prodotto originariamente nella città di Jerez de la Frontera, posta sulla costa Atlantica. Inizialmente furono gli arabi a contribuire in maniera determinante al futuro del vino di Jerez, introducendo gli alambicchi da distillazione che nel proseguo della storia faranno si che nasca il vino fortificato nato da due parole di origine Araba, Saca e Xeris, denominato Sherry. Tanto piacque e fu commercializzato che sotto il dominio arabo la produzione del vino proseguì nonostante il divieto dell’Islam di bere alcol, dal momento che la tassazione del vino di Jerez creava forti introiti alle casse del sultano (quando si dice dinanzi ai soldi non vi è religione!). I vigneti dello sherry portano le vesti di “bacca bianca” : Palomino Fino, Moscatel e Pedro Ximenez. L’interesse d’esportazione inglese poi, non fu tardiva.

Stesso interesse che gli inglesi ebbero a causa dell’ embargo deciso sui prodotti della Francia, all’epoca avversaria in Guerra, per il vicino Portogallo, dove poter reperire vino a basso prezzo. Da uve originarie del Douro, ritroviamo il rispettevole Porto, che ha una classifica più complessa rispetto al cugino Sherry. Chiaramente i vitigni sono essenzialmente diversi rispetto al primo; abbiamo la presenza del Touriga sia National che Francesa, e le diverse versioni del vitigno Tinta, che non risparmiano i meravigliosi sentori di prugne, more e lamponi! Del Porto possiamo piacevolmente apprezzare sette tipologie differenti, e la raffinata versione Vintage, ottenuta al 100% da uve dello stesso anno, creato non in tutte le annate, rendendo il vino ancora più unico.

Restando in Portogallo, ma spostandoci dalla città alle Isole, ci imbattiamo in un vino fortificato dell’omonima isola, anch’esso alquanto unico: il Madeira.

Nato in modalità totalmente casuale, da vari esperimenti di “aggiunta” di zuccheri o alcol che potessero attenuare l’acidità del vino già esistente e a migliorare la conservazione durante i viaggi oltre equatore, ove poi da li a breve venne istituito il metodo di vinificazione definitivo. Esso esposto a temperature elevante (anche fino ai 50 gradi) veniva portato in maniera simultanea agli effetti subiti dal vino contenuti nelle botti, e la gran parte dei sapori di questo vino liquoroso è data da questa attività, inoltre tenuto a contatto anche con l’ossigeno in modo che il processo di ossidazione voluto (e non attribuibile come difetto del vino) dia un’ulteriore stabilità al vino che se ben imbottigliato può durare anche cent’anni! Madeira è proposto in varie tipologie e classificazioni, che tengono questa volta presente i vitigni e i gradi di dolcezza; per un Madeira secco prenderemo in nota i vitigni Sercial e Verdelho, per un Madeira di stile dolce ci dirigiamo decisi al Malmsey, il nostro Malvasia per intenderci.

Per ultimo, ma mai ultimo qualitativamente, descriviamo un nostro orgoglio tutto italiano: il Marsala.

Con precisione siamo nella calda sicilia e come il vino fortificato di cui abbiamo parlato in precedenza, prende il nome dal luogo di origine. La sua nascita risale agli inizi del ‘700 , per il palato raffinato dell’inglese Woodhouse, commerciante che già conosceva i buoni sapori dei sopra citati vini liquorosi. Il metodo di vinificazione e invecchiamento utilizzato a quei tempi dalla gente locale era denominato perpetuum e consisteva nel rabboccare le botti che contenevano una parte del vino consumato durante l’anno con il vino di nuova produzione, in maniera da non allontanarsi dalla caratteristiche del precedente, addizionandolo poi con acquavite di vino, elevando il volume alcolico.

Piacque molto, così tanto da rimodulare il suo metodo di affinamento, e infatti si decise di elevarlo con il metodo Soleras (metodo in cui le botti vengono messe una sopra l’altra, iniziando a riempire di vino solo le botti in alto; dopo un anno una parte del vino veniva travasato nelle botti di livello inferiore, e così via, fino al raggiungimento del vino voluto, arricchito di sentori di anno in anno!). I vitigni con cui è composto sono tutti d’origine sicula dal Grillo al Catarratto a bacca bianca per le versioni “Oro e Ambra” , dal Perricone al Nero mascalese a bacca nera per quanto concerne la versione ” Rubino”.

Affascinanti le storie, diversi i vigneti e le zone di produzione di questi vini che si caratterizzano e accomunano per il loro grado alcolico aggiunto, e che pare abbiano lo stesso destino in degustazione, che avviene con la massima espressione ad una temperatura che oscilla tra gli 8/10° C; Durante il pasto, tenendo conto di un piatto strutturato, o alla fine, con la versione dolce, accompagnato da una buona pasticceria secca.

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