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di Gerard Pecci

Sembra che il “Liceo del Made in Italy”sia stato un clamoroso fallimento dal punto di vista dell’esiguo numero di iscrizioni e una palese affermazione di ignorantocrazia e di mercantilismo spicciolo che degrada e riduce a improbabile formuletta la complessità di una società storicamente varia e stratificata in miriadi di espressioni culturali, civili, scientifiche e artistiche diversificate e  internazionalmente interagenti, ma mai a senso unico e alla ricerca di un improbabile e impossibile DNA della “genialità” italiana, per giunta tradotta in lingua inglese e con una formuletta penosa che ci fa soltanto sorridere. Siamo ancora al comico e curioso e indimostrabile teorema delle destre alla ricerca di una “italianità” originaria e pura, un po’ come lo era l’ideologia della razza nei tempi bui dei regimi totalitari del Novecento.

Come non esiste costituzionalmente alcuna religione di Stato, allo stesso modo non può esistere, e di fatto non esiste, una cultura del “fabbricato in Italia” ossia di un vero e proprio marchio di ignoranza della storia, della civiltà e della complessa realtà del presente. Infatti, anche l’etichetta di un prodotto “fabbricato in Italia”, appunto Made in Italy, non certifica che esso sia geneticamente, e originariamente “italiano”! Per esempio, chi ha studiato l’arte in Italia sa benissimo che in tutte le epoche storiche e in tutti gli “stili” sono coesistiti, e coesistono, modi artistici ed espressioni stilistiche che sono il prodotto di incontri e confronti tra artefici italiani e stranieri, attraverso linguaggi che non hanno alcun marchio di presunta italianità, di pura cultura “italiana”. Per questo oggi si preferisce parlare di arte in Italia e non di arte italiana, come è stato più volte ribadito da Ferdinando Bologna, e a tal proposito si veda il suo volume “La coscienza storica dell’arte d’Italia. Introduzione alla Storia dell’arte in Italia’ (UTET, Torino 1982).  Parlare di cultura in Italia significa di fatto accogliere un ricco e variegato palinsesto che nella realtà ha sempre accolto diverse espressioni culturali internazionali, le ha valorizzate, le ha fatte proprie e le ha modificate e a sua volta le ha trasmesse ai posteri, grazie a uomini e donne di lingua italiana e di lingue e culture straniere, diverse e feconde.

Voler pensare a senso unico, con un pensiero stucchevole, anche antistorico e antidemocratico, vuol dire far male alle molteplici verità della storia, alla civiltà che oggi più che mai è internazionale e cosmopolita. Oggi bisogna tendere a una civiltà della conoscenza, fatta di scambi culturali internazionali, complessi e variegati, dove non alberga alcuno spirito puramente e anacronisticamente nazionalistico. Se ci sono centri di potere che vogliono imporre il proprio pensiero unico, quello di cui oggi purtroppo sentiamo spesso parlare, è nostro dovere combatterli in tutti i modi e far sentire tutto il nostro democratico e legittimo disgusto e dissenso, com’è giusto e doveroso che sia, con tutti i mezzi di cui democraticamente e civilmente disponiamo.

Allo stesso modo, creare un inutile liceo del “Made in Italy” è quanto di peggio sia stato finora concepito dalla mente dei nostri politici politicanti, tristi figure nostalgiche di un passato autarchico che credevamo, a torto, che fosse finito, che fosse definitivamente morto e sepolto da decenni. In Italia abbiamo già licei che svolgono egregiamente le proprie funzioni culturali ed educative in vari settori della cultura, per esempio dal classico allo scientifico, dal linguistico all’artistico. Altrettanto dicasi degli istituti professionali e di quelli tecnici, tutti variamente diversificati e con profili educativi e piani di studio ben strutturati e precisi. Non abbiamo bisogno di un nuovo liceo di cui non conosciamo neanche la validità civile e culturale e professionale e per giunta con un nome curiosamente tradotto in lingua inglese e con piani di studio che ancora non sono chiari e noti. Quali sono i criteri formativi, educativi e professionalizzanti di esso? Tutto galleggia in un mare di incertezze. Penso, personalmente, che di questo liceo se ne può fare a meno, con grande risparmio per le casse dello Stato, per il pubblico erario.

La verità è che oggi più che mai non abbiamo bisogno della creazione di un nuovo liceo, quello del “fabbricato in Italia” voluto dai politici italiani e che serve unicamente a soddisfare le loro brame di nostalgiche, inutili, anacronistiche e antistoriche idee autarchiche.

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