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E’ ormai tutto pronto per le celebrazioni dell’ottantesimo anniversario dello sbarco a Salerno, una delle più grandi operazioni militari della storia, avvenuta proprio il 9 settembre 1943. Le cifre parlano chiaro: 170.000 i soldati spiegati da parte alleata e 35.000 da parte tedesca; 982 vittime per gli inglesi, 804 per i tedeschi, 788 per gli Stati Uniti; i feriti, da ambo le parti, furono più di 8.903; i dispersi furono 1318 per gli Stati Uniti, 2203 per il Regno Unito e 603 per la Germania. Una grande operazione anche per quanto concerne le cifre ma ricordiamo che vi parteciparono anche soldati canadesi, australiani e neozelandesi, sudafricani, una vera e propria grande coalizione per la liberazione dell’Italia. Il tutto avvenne in un momento molto concitato per il nostro Paese, forse il più delicato della nostra storia contemporanea, all’indomani proprio dell’8 settembre, giorno in cui venne proclamato l’armistizio e le truppe italiane, che fino ad allora avevano combattuto a fianco dei tedeschi, si trovarono ad essere adesso nemiche di quella coalizione e cobelligeranti, questo il termine che fu utilizzato, delle truppe alleate. All’indomani dell’armistizio la situazione nella quale si vennero a trovare i vari reparti italiani fu davvero delicata e imbarazzante, le direttive che vennero impartite dai comandi centrali furono poche e confusionarie, si può parlare di comunicazioni scarne e telegrafiche, senza alcuna indicazione particolare in termini operativi e di azione venne ordinato alle truppe di iniziare a collaborare con gli alleati. Ovviamente i tedeschi fecero di tutto per disarmare i vari reparti di stanza sul territorio, nella maggior parte dei casi gli italiani rifiutarono di consegnare le armi oppure, in quantità piuttosto cospicua, cercarono di abbandonare i reparti in maniera disordinata. Non mancarono episodi di autentico eroismo, e da parte dei comandanti e da parte dei militari di truppa. Proprio ad Eboli, ove vi era il comando della 222ª Divisione Costiera italiana con a capo il generale Ferrante Gonzaga, si consumò un episodio tragico ed eroico. La Divisione Costiera era posizionata su un fronte di molti chilometri, attestata in fortificazioni ed in trincee, proprio per fronteggiare un eventuale sbarco. Il territorio di competenza partiva dalla località Fiumara di Castrocucco, la foce del fiume Noce tra Maratea e Tortora, e terminava a Capo D’Orso, una scogliera a picco sul mare nel comune di Maiori. Anche se mal equipaggiato, e con soldati in età media avanzata, il reparto poteva essere un ostacolo serio per il contingente da sbarco, diversamente, se fosse stato in condizioni di combattere a fianco degli Alleati avrebbe rappresentato una pericolosa minaccia per la compagine nazista. Il comando della Divisione italiana in prossimità di Battipaglia ma ricadente nel comune di Eboli, in località Buccoli, presso una tenuta di una facoltosa famiglia, i Conforti, utilizzata all’uopo, e con vicino una grotta. I tedeschi, allora, per mettersi al sicuro pensarono di recarsi proprio al comando di Divisione, l’idea era quella di intervenire direttamente su chi coordinava l’unità costiera per bloccarne ogni eventuale azione bellica. Un drappello di soldati con a capo un maggiore tedesco si presentò presso la tenuta Conforti, ove si trovava il generale Gonzaga, e intimò a questo di consegnare le armi e di farle consegnare ai militari di stanza presso il presidio, è accertato ormai che il generale si rifiutò di consegnare le armi e di ordinare la stessa cosa alle sue truppe, ne nacque un diverbio che sfociò nel tentativo da parte dei nazisti di arrestare con la forza l’alto ufficiale. A quel punto il generale tentò di estrarre la pistola d’ordinanza al grido “un Gonzaga non si arrende mai!” e venne ucciso falcidiato da raffiche di mitra. Per tale gesto è stato insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Rimasta senza comandante, la 222ª Divisione Costiera si sfaldò rapidissimamente. Ma lo sbarco fu tutt’altra cosa. A partire dalle 3.30 del 9 settembre gli Alleati riversarono uomini e mezzi sulle spiagge a sud di Salerno, fino ai confini con Agropoli, con aspri combattimenti e perdite da ambo le parti, e con la popolazione che cercava di rifugiarsi sulla zona montuosa retrostante. Sembrava che la situazione volgesse a favore degli attaccanti, ma un violentissimo contrattacco magistralmente condotto dal comandante le truppe tedesche, il generale Heinrich von Viettinghoff, mise letteralmente in ginocchio gli Alleati che rischiarono seriamente di essere ributtati a mare. Fu allora che il generale americano Mark Clark, comandante in capo delle truppe da sbarco (5ª Armata), chiese l’intervento urgente del 504° Reggimento Paracadutisti della famosa 82° Divisione Aviotrasportata dell’U.S Army. In men che non si dica venne allestita un’operazione che ancora oggi si studia nelle scuole militari. Nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1.300 paracadutisti vennero lanciati nei pressi del tabacchificio di Eboli, ove la situazione era in stallo e i combattimenti sanguinosissimi. Il cielo si riempì di circa 80 aerei C47 Dakota (forse l’aereo da trasporto più famoso al mondo, che vola ancora in diversi esemplari), che con i loro 208.000 cavalli potenza complessivi fecero udire il rombo dei motori a chilometri di distanza. La missione era difficilissima, centrare una striscia di atterraggio di 1100 metri per 750, venne ideata una tecnica di segnalazione geniale: dei grossi bidoni ripieni di sabbia impregnata di petrolio, posizionati dalle truppe a terra a 45 metri di distanza tra loro e fatti ardere pochi minuti prima che giungessero gli aerei, in modo che i piloti avessero la situazione ben chiara. Il lancio fu un successo, solo 75 soldati si infortunarono e la zona di atterraggio venne centrata pienamente, le migliori truppe dell’esercito americano piombarono su quelle tedesche gettando scompiglio e spavento, e la vista dei paracadutisti che fluttuavano diede alle truppe amiche a terra una spinta morale e un rinforzo assolutamente necessario nel momento più difficile dello sbarco. Fu l’inizio di un’inversione di tendenza nell’esito delle operazioni. Il generale Clark non esitò in seguito ad affermare che al 504° Reggimento andava il merito “di aver salvato lo sbarco a Salerno”, in 8 ore esatte l’unità era stata attivata per la sua missione, ricevuto le istruzioni, caricata sugli aerei, lanciata e ingaggiato il combattimento con il nemico, un vero record. Ma questa è solo una piccola parte della storia, sulla quale torneremo. Nella celeberrima opera di Hugh Pond Salerno!, edita nel 1961 in Italia, per i tipi della Longanesi, ancora oggi un testo di riferimento, si sottotitolava: “Il giorno più lungo in Italia: operazione Valanga, valanga di errori e di morti”. Purtroppo.

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