di Giuseppe Trivisone
Napoli, si sa, è la terra dei contrasti per eccellenza, un territorio, dove luci e ombre si mescolano per riprodurre un’armonia caleidoscopica che spesso spaventa e ancora di più affascina. Questa città, che oggi sembra essere diventata poco prolifica in fatto di musica se si fa eccezione del “fenomeno “neomelodico, un tempo era la Patria della canzone italiana, con autori che quotidianamente sfornavano incantevoli composizioni destinate a restare immortali. In questa Napoli nacque nel 1920 Renato Carosone. La sua infanzia fu segnata dalla perdita della madre a soli sette anni. Si attaccò alla musica per colmare il grande vuoto che aveva nel cuore. Diplomatosi in pianoforte adolescente al Conservatorio di Napoli, parti a 17 anni per l’Eritrea. In Africa conobbe l’amore della sua vita, la ballerina Italia “Lita” Levidi. Italia aveva un bambino avuto da un altro amante ma Renato accettò di sposarla e di assumersi la responsabilità per quel figlio non suo. Fatto inaudito per quei tempi e che Renato tenne nascosto per tutta la vita. A guerra finita Renato con la sua famiglia, tornò in Italia e qui cominciò la sua grande avventura, durata appena quattordici anni. Il patrocinio del grande Sergio Bruni gli consentì di avere le entrature necessarie nel mondo dello spettacolo. Collaborazioni con artisti carismatici come Gegè Di Giacomo Peter Van Wood, gli assicurano la possibilità di poter manifestare le sue potenzialità con la composizione di centinaia di successi e di rifacimenti di canzoni classiche napoletane con il suo stile inconfondibile. E’ sicuramente stato un innovatore della canzone napoletana, fondendo le melodie classiche con il boogie, il rock e le sonorità africane. Memore dell’insegnamento di suo padre che, di fronte ai grandi dispiaceri che la vita avevano riservato loro, lo esortava a impugnare l’unica arma utile per vincere un avverso destino: l’allegria. Un’allegria ironica pervadeva tutti i suoi componimenti e con la stessa ironia giocosa evidenziava i costumi della Napoli del dopoguerra. Una Napoli conquistata da mode provenienti dall’America o dal cambio dei costumi, o dalle innovazioni della scienza. Il grido “Canta Napoli” di Gegè di Giacomo è rimasto nel cuore di tutti gli italiani di qualche decennio fa. Carosone misteriosamente si ritirò dalle scene nel 1960, nel pieno di una carriera che aveva visto le sue canzoni suonate in tutto il mondo senza essere tradotte e dopo aver inaugurato la televisione di stato. Si dedicò alla pittura e al rifacimento dei capolavori classici nel suo stile personale. Dopo gli anni 70 rifece capolino nel mondo dello spettacolo sempre con grande successo di critica e di pubblico. Morì a 81anni nella sua casa romana, dove viveva con la moglie e figlio. Ai suoi funerali parteciparono più di 4000 persone e tutto il mondo dello spettacolo. Lascia al mondo un’eredità di capolavori come “’O Sarracino”,”Maruzzella”, “Torero”, “Tu vuo’ fa l’americano”, “Pigliati na’ pastiglia”, “Caravan Petrol” e tanti altri successi.